OLTRE
Nell'ottobre del 1989 si dà oramai per scontato che l'uscita del nuovo disco sia
cosa fatta: le notizie dei bene informati assicurano che sono già state
registrate le basi musicali e che debbano ancora essere definiti gli ultimi
dettagli: ma, si dice, è questione di pochi giorni ancora. A confermare
implicitamente la veridicità di queste illazioni interviene ufficialmente la CBS
con un annuncio che accredita l'ormai prossimo avvenimento: sarà possibile
prenotare il nuovo lavoro di Baglioni ricevendone, a compendio, anche il diritto
a usufruire di un'edizione speciale, confezionata appositamente. La casa
editrice rende noto anche il titolo dell'ellepì: Un mondo più uomo sotto un
cielo mago. Naturalmente il popolo di Claudio risponde sollecitamente
all'invito: nel giro di pochissimi giorni si registrano decine di migliaia di
prenotazioni: pungolato dalla spasmodica attesa, periodicamente solleticato e
puntualmente deluso, il pubblico dei fan ha ora la certezza che il grande
momento sia giunto, che finalmente le nuove canzoni svelino l'anima nuova del
loro riferimento musicale: invece trascorrono altri mesi senza che sia concessa alcun'altra informazione sicura. Le notizie si rincorrono, incerte; sembra che,
improvvisamente scontento di quanto realizzato, Claudio abbia fermato il
progetto per ricostruirlo daccapo.
Prende corpo anche qualche piccola polemica ma più di tutto, a serpeggiare
nell'animo dei seguaci baglioniani, è lo sconforto per l'ennesimo appuntamento
rimandato.
Certamente Claudio vive un momento di insicurezza notevole, che la recente
contestazione torinese ha contribuito ad accrescere; oltretutto, sempre nel
1989, si ha notizia della ormai avvenuta separazione da Paola Massari, moglie ma
anche collaboratrice fattiva. Tale separazione interrompe quindi, oltre al
rapporto matrimoniale, anche quel singolare sodalizio artistico che, sin dai
primi anni della carriera, aveva sempre caratterizzato i lavori di Baglioni: dal
ruolo di "voce" e corista a quello di musa ispiratrice a quello ancora più
impegnativo di coautrice dei testi, Paola è sempre stata "spalla" discreta e
partecipe.
Quest'ultima situazione alimenta ulteriori malumori nei fan, perlopiù molto
legati a Paola, che avevano sempre idealizzato la sua unione con Claudio come
indissolubile. Da più parti ci si chiede cosa stia accadendo a Baglioni: ma per
moltissimo tempo più nessuna notizia interviene a confortare l'ansia di un
pubblico comunque ancora compatto e in continua, fremente attesa.
Nell'ottobre del 1990, finalmente,
intervengono nuove voci che danno come certa l'uscita del nuovo disco, ancora
una volta confortate dalla conferma della CBS. Il disco si accompagnerà a una
confezione lussuosa, sarà doppio e conterrà ben venti brani inediti. L'uscita è
prevista nel mese successivo e, diversamente a quanto comunicato l'anno
precedente, si intitolerà Oltre: Un mondo uomo sotto un cielo mago è
relegato ora al ruolo marginale di sottotitolo.
Tuttavia, a pochi giorni dalla
suddetta notizia, accade l'ennesimo imprevisto che sembra nuovamente dover
posticipare la tanto sospirata pubblicazione: Claudio è infatti protagonista di
un pauroso incidente automobilistico che gli fa riportare significative ferite
alle mani e alla lingua. Inizialmente si parla anche della possibilità che
l'artista non possa tornare a cantare. Tuttavia già dopo pochi giorni le notizie
sulla prognosi sono confortanti, tanto da escludere ogni complicazione riguardo
alla futura ripresa della carriera.
È anche confermata la data di uscita dell'album, il 16 novembre.
Nei primi giorni del mese,
Raistereodue trasmette l'anteprima assoluta del primo brano del lato A: Dagli
il via. A distanza di due giorni, sempre in anteprima, la stessa emittente fa
ascoltare un secondo pezzo: Io dal mare.
Giovedì 15 novembre, Claudio
Baglioni è l'unico ospite del seguitissimo Maurizio Costanzo Show,
teletrasmesso da Canale 5 dal Teatro Parioli di Roma.
È l'ufficiale ritorno in pubblico dopo più di due anni: centinaia di persone
assediano il teatro già diverse ore prima che inizi il talk show; l'attesa è
spasmodica.
Quello che, alfine, si presenta sul palco del Parioli, è un Baglioni davvero
inconsueto: pallido, emaciato, evidentemente ancora convalescente per
l'incidente ma, da quanto si evincerà in seguito, non solo per quello: Claudio
dichiara infatti di aver attraversato un periodo di difficoltà estrema che
coinvolgeva anche la sfera strettamente professionale e artistica. Ammette
persino che, per rinvigorirsi il corpo e lo spirito, ha sostenuto addirittura
allenamenti specifici di pugilato: "senza mai combattere, però".
Quasi costretto da presentatore e pubblico e pur non essendo ancora
completamente ristabilito, il cantautore esegue dal vivo l'unico pezzo
strumentale del nuovo lavoro, Tieniamente. Quindi, sempre incalzato dagli
stessi interlocutori, interpreta, alla sua maniera, Questo piccolo grande
amore.
Il confronto a due prosegue svelando qualche piccola confessione professionale e
privata ma soprattutto evidenzia una grande timidezza di fondo e un crescente
disagio verso le telecamere. Sembra in effetti di rivedere, negli atteggiamenti,
la stessa difficoltà che era parsa evidente anche sul palco dell'Ariston di
cinque anni prima.
Claudio afferma che quello che sta per uscire è un album molto sofferto, che non
ha una canzone guida e che, forse ancora più di tutti i precedenti, ha
caratteristiche precise di autobiografia.
Dichiara di aver tratto grandi stimoli dalla conoscenza divenuta approfondita e
amicale con un musicista del calibro di Peter Gabriel, con il quale è nato un
rapporto di confronto professionale stimolante e proficuo.
Alla fine delle due ore, pare in effetti che il protagonista non veda l'ora di
eclissarsi, di tornare in quello stesso anonimato che aveva caratterizzato, se
si eccettuano poche brevi improvvisazioni, i suoi ultimi cinque anni.
Tuttavia le regole del gioco, a questo punto, non consentono al realizzatore di
un prodotto discografico, chiunque egli sia, di rientrare nei ranghi come nulla
fosse: Claudio in particolar modo è atteso alle solite esibizioni di largo
respiro e ai consueti bagni di folla. Ma prima, per esigenze sue proprie,
cercherà d'intraprendere una strada più intima e raccolta, che lo porterà a
esibizioni quanto mai bizzarre.
Prima di seguirlo attraverso le sue
particolari e inconsuete evoluzioni, concediamoci qualche minuto di
rilassamento: accendiamo lo stereo, apriamo l'elegante cofanetto della
confezione, sfiliamo il vinile dalla busta coloratissima, poggiamolo sul piatto
e "diamo il via" in tutta comodità, alle note sinuose e alle frenetiche parole
che costituiscono l'ambizioso progetto; dopo molto attendere, dopo interminabili
vicissitudini,
Oltre veicola finalmente dalle nostre orecchie, passando per il
decodificatore razionale del cervello e arrivando direttamente e senza
possibilità di essere fermato nel posto ove, all'interno della complessa
macchina umana, risiede il capiente e mai riempito del tutto serbatoio
dell'emozione.
Come detto in più di un'occasione,
la confezione del vinile è corredata di un cofanetto lucido e coloratissimo che
evidenzia, fra sfumature di rosso, un primo piano sufficientemente "inconsueto"
del cantante. Sullo sfondo sono visibili disegni asimmetrici e indefinibili,
accompagnati da una sorta di "movimento ondulatorio", forse a voluto richiamo
della risacca marina.
Sulle quattro facciate delle buste che contengono i dischi sono invece stampate
altrettante rappresentazioni dei quattro elementi primordiali: Terra, Aria,
Acqua e Fuoco. Essi costituiscono le entità principali e necessarie da cui,
secondo i filosofi presocratici, primi capisaldi del pensiero occidentale,
derivavano tutte le altre.
Infine, un lunghissimo foglio dispiegato a fisarmonica e scritto a mano
direttamente dall'autore caratterizza l'inedita novità dei "gusci". Essi sono
gli embrioni dei testi e costituiscono un racconto metaforico sulla nascita, la
crescita e la maturazione del protagonista del disco stesso: Cucaio. Egli non è
altri che "l'alter ego" di Baglioni, il modo infantile in cui lui stesso
storpiava il suo nome di battesimo. In questa sorta di avventura epico-romantica,
il protagonista che si traveste un po' da Ulisse, un po' da Simbad, un po' da
Gilgamesh, solca il mare mutevole e difficoltoso della vita, annaspando
paurosamente tra i flutti. Se il racconto risulta difficoltoso a una prima
lettura, tuttavia i gusci aiutano nella comprensione delle stesse canzoni che a
loro volta, quando acquisite, delucidano il contenuto dei gusci.
In effetti i testi presentano passaggi impervi e difficoltosi e non sono sempre
intuibili al primo ascolto: Claudio esplora la lingua italiana sin nei suoi più
lontani confini, utilizzando a piene mani il ricorso alla metafora e al
simbolismo, ricorrendo a forme ricercate di allitterazioni, onomatopee, ossimori
e altre figure retoriche difficilmente riscontrabili in canzoni di musica
leggera. Molto spesso il "contenuto" del testo si dissolve nello stile, dando
origine a una rilettura più semantica che logica.
Eppure, nonostante questo ridondare di ermetismi forse anche eccessivo, il senso
del discorso non si smarrisce mai; la trama è chiara, l'intento lampante:
Oltre è un concept album, l'ennesimo; è la vicenda di Claudio-Cucaio alla
ricerca della maturità, delle risposte mai avute, delle strade da scegliere. È
la caccia a quella vita che improvvisamente si accorge di non avere mai compreso
e che lo ha tramortito e sbeffeggiato senza rispetto. È un viaggio naufrago alla
ricerca delle certezze perdute e delle convinzioni smarrite. Una navigazione
senza speranza che concede la pace solo nel momento in cui si comprende che non
esistono risposte, né certezze; che le strade da prendere hanno, in fondo,
eguale valore e l'unico scopo dell'uomo sta nella ricerca; solo in essa infatti,
si certifica la realizzazione antropica. L'opera fa della filosofia esistenziale
il suo riferimento principale e realizza passaggi poetici vigorosi. Oltre
abbandona quasi completamente la via della divulgazione e intraprende
integralmente e ormai irreversibilmente la strada impegnativa e impervia della
qualità.
Anche il discorso musicale è
affrontato in maniera approfondita. Anzi, si può anche affermare che quel
processo già iniziato ne La vita è adesso e che tendeva a far acquisire alla
melodia una posizione di alternata preminenza nei confronti del testo venga qui
portato definitivamente a termine. È infatti la musica a dettare, nell'ultimo
lavoro, i tempi delle canzoni: il testo va a dispiegarsi sopra di essa e ne
subisce in molte occasioni le direttive, finendo spesso a dover ricorrere alle
tronche o, ancora una volta, all'enjambement per meglio innestarsi sulla
composizione metrica.
Quanto ai "motivi melodici" inseriti, sono davvero molteplici e disparati: si
spazia da accenni di musica "afro" al country, da riflessioni jazz al classico
incedere melodico; essi sono condensati ed elaborati dagli arrangiamenti curati
da Celso Valli e impreziositi dalla partecipazione straordinaria di cantanti e
musicisti di calibro internazionale.
Più dei discorsi critici e di
quelli squisitamente tecnici, comunque, il disco colpisce per l'ispirazione, per
le intuizioni poetiche, per quelle musicali, per la capacità di stupire e
suscitare, in chi si predispone a farlo, pieno coinvolgimento emozionale.
Lasciamo dunque che i microsolchi
compiano l'inevitabile "viaggio circolare" e possano al loro ritorno, come il
naufrago di cui ci rendono le gesta, restituirci testimonianza di ciò che è
davvero possibile ammirare e conoscere "Oltre" il mondo conosciuto:
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Il prologo del disco è costituito
dallo sbuffo di un uomo esausto, che si affatica nella dinamica della corsa e,
metaforicamente, dietro la vita: egli se la rivede passare dinanzi durante lo
sforzo fisico, aumentandolo e corroborando la fatica. Eppure la corsa diviene,
nell'incedere del ricordo, unica valvola di sfogo, ricettario universale di
salvazione dall'affanno del vivere ("o la corsa o la vita"). La trama è
evidentemente autobiografica. Il tema musicale è veloce e dinamico, a costituire
elemento simbiotico con la scena descritta dal testo. Pur possedendo una matrice
"sofferente", Dagli il via è una di quelle canzoni dalla rapida
acquisizione e che tendono a garantirsi una posizione abbastanza consolidata
nelle esecuzioni "live" più festaiole.
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Certamente diversa è invece l'impronta
d'impostazione attribuita alla seconda traccia, la cui musicalità soffusa e
sussurrante appare in evidente antitesi col brano d'apertura: Io dal mare
mostra un tessuto intrecciato di suggestioni poetiche impreziosite da esercizi
stilistici mai fini a se stessi; dalle metafore, dagli ossimori e soprattutto
dalle onomatopee del testo viene evidentemente richiamata l'idea innata del
mare. Anche la successione delle note, leggere e cicliche, sembra ricalcare
l'alternarsi tranquillo della risacca. Melodia e parole accompagnano l'uomo alla
ricerca della sua origine liquida: egli è nato dal mare poiché su esso è stato
concepito e ora, nel momento dell'estrema difficoltà, eccolo avvertire un
bisogno fisico di cercarlo, quasi come se la sua essenza, il suo odore, il suo
sapore fossero le membra accoglienti del terzo genitore che si dispieghino,
finalmente, a confortarlo. Il finale struggente del brano è affidato al primo
ospite illustre del disco: quel Pino Daniele la cui chitarra regala
magici virtuosismi e suggella, come adeguata cornice per una tela di valore, la
straordinarietà del pezzo.
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Naso di falco sembra essere
invece, nella fase iniziale, un'altra di quelle canzoni che ricercano infantili
elementi autobiografici per alimentarne la nostalgia. Tuttavia essa si
trasforma, nel dispiegarsi delle strofe, in qualcosa di molto diverso e
approfondito; qui è ben presente la dicotomia Cucaio-Claudio:
se l'uno si poneva le puerili questioni dell'infanzia, che tuttavia sfuggivano
alla sua intuizione di fanciullo ("perché il cielo è così azzurro, chi colora
una farfalla", ecc.), oggi, nella sua dimensione di adulto, guarda a diverse
interrogazioni ("chi ha incendiato il cielo di Ustica, chi ha imbiancato
Medellin?", ecc.) ma con la stessa incapacità di darsi una risposta esauriente e
che possa allontanare la frustrazione. Anch'egli dunque non riesce a soddisfare
le sue domande ma lascia tuttavia aleggiare una speranza: come il tempo è venuto
in soccorso a Cucaio, svelando dubbi che parevano irresolubili, così forse esso,
(freccia, arco e soldato blu) interverrà in aiuto dell'adulto Claudio per
vendicare i torti subiti e riportare le luci della ribalta sulla verità.
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L'improbabile scioglilingua che funge
da inusuale introduzione a Io, lui e la cana femmina anticipa, con le sue infinite e ripetute allitterazioni, un testo
divertente e scanzonato, costituito da esperimenti lessicali, neologismi e
costruzioni grammaticali deliberatamente strampalate. Eppure la sostanza del
testo, che si dispiega attraverso il racconto di una passeggiata mattinale coi
cani, assume anche connotazioni dal colore malinconico: "sarebbe meglio
camminare carponi, vagabondi, pelosi, di cespugli e pozzanghere padroni
maledetti" piuttosto che "avere regole" alle quali sottostare come in un copione
già scritto; dover attenersi al contratto sociale e comportarsi sempre in
maniera "lecita" pare essere, in alcuni momenti, davvero insopportabile. Così,
questo momento di estrema comunione con i cani e in cui il padrone si ritrova a
condividere le loro stesse sensazioni diviene un attimo di "atarassia", di
momentanea scomparsa di quel dolore che seguita ad attanagliarlo. E così insieme
se ne vanno a spasso "felici nella coda e il cuore suona da contrabbasso" anche
se ciascuno ha addosso la sua vita e i ruoli continueranno, al termine della
giornata, a essere sempre ben definiti. La musica, sinuosa e ridondante di
effetti ritmici, fa assumere al brano il carattere piacevole e brioso della
ballata.
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Molto raramente, nel corso delle sue
successive esibizioni, Claudio Baglioni ha ricantato questa Stelle di stelle.
Essa è brano dal testo abbastanza ermetico, che vuole comunque dichiarare
l'improvvisa sorpresa dell'artista nel trovarsi improvvisamente alle prese con
gli "affanni umani"; egli, che credeva grazie alla sua condizione privilegiata
di esserne immune, si trova invece completamente invischiato in essi, finendo
per esserne travolto e per soffrirne più degli altri. Ma forse, grazie alla
conoscenza di questo inedito e sconosciuto dolore, egli potrà apprezzare meglio,
in futuro, i rari momenti felici. Davvero significativo che a duettare con lui nella seconda parte sia la
grande Mia Martini, che imprime vigore, grazie alla sua straordinaria
interpretazione vocale, a tutto il pezzo. Dicevamo della riluttanza del cantante
a eseguirlo: nelle pochissime volte che l'ha presentato in pubblico, egli lo ha
sempre fatto evitando di intervenire sulla parte riservata a Mia; forse per una
questione di grande rispetto o forse, come ci piace credere, perché ciascuno,
alla suggestione prodotta da quelle dolcissime note, possa rammentarsi sempre
della sua espressione, del suo volto, della sua ineguagliabile voce...
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L'uomo alle prese con il ricordo si
crogiola in una sofferenza sconosciuta fino ad allora che a ogni pensiero di lei
emerge sempre più netta: potrebbe essere questa la sintesi di Vivi. Il
ripetuto utilizzo del verbo essere alla forma imperfetta ("Vivi, ERAVAMO")
presuppone che, proprio a causa della scissione con la donna, l'uomo non possa
più essere vitale, e che anche ella abbia perso quella condizione; come se
quell'unione fra loro fosse il solo vero essere e le due entità (uomo e donna)
semplicemente due membra vitali dello stesso corpo; una volta separate, esse
provocano la morte di quel corpo stesso. Ecco perché viene qui denunciata
soprattutto la mancanza fisica di lei, che il ricordo dettagliato dei
precedenti, e mai più possibili, incontri erotici, contribuisce ad acuire
sensibilmente. La passione e la voglia si scontrano frontalmente con una realtà
diversa e difficile da tollerare perché quella di lasciarsi, di non essere più
"vivi", è oramai una decisione realizzata e irreversibile.
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Di tutt'altro tenore invece, Le donne sono. Più che una canzone sulle donne
però, come parrebbe far supporre il titolo, essa è una spassosissima e
divertente presa di coscienza degli uomini che ammettono la loro definitiva
rinunzia a cercare di comprenderle. Esse sono tutto e il contrario di tutto: un
giorno streghe, un altro fate, dispensatrici dell'improvviso, fautrici di
impensabili sorprese. Eppure gli uomini sono sempre lì, disposti a concedere
loro la bacchetta di direttrici d'orchestra; e il motivo di questo rincorrerle
continuo è probabilmente riconducibile a quella grazia ch'è insita nella loro
naturale leggiadria, in quella freschezza d'essere con cui ammantano le loro
vite; in quello "sgambare odorose" e nel loro essere "insolite insolute insalate
capricciose" che fa perdere la testa agli uomini e indirizza il mondo a girare
sempre e comunque dalla loro parte. Il tema musicale è altrettanto allegro e
veloce e va a costituire riuscita sintesi col testo dando luogo a un pezzo
sempre piacevole da riascoltare.
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Il turbinio di elementi erotici che
scatena la sensualissima Domani mai e
definisce con sfumature dettagliate un passionale atto sessuale riprende da
vicino, nei contenuti, il discorso già accennato da Vivi. Contrariamente al
brano precedente, però, qui l'azione si svolge nel presente dove l'uomo e la
donna si amano senza saziarsi nell'ultima notte che è loro concessa prima della
dolorosa separazione: l'indomani essi non saranno più un'unica cosa ma due
diverse metà che dovranno ora lottare per affermarsi come individui unici. Il
pezzo possiede un incedere musicale incalzante e assume in taluni punti un
taglio piacevolmente "spagnoleggiante", ravvivato com'è dalla straordinario
arpeggio della chitarra classica di Paco De Lucia, terzo artista a portare
valore aggiunto al lavoro. Varie volte riproposta dal vivo, Domani mai è stata
anche spesso accompagnata da evoluzioni coreografiche spettacolari e quanto mai
esplicite.
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Già dal prepotente esordio si intuisce
la sottolineatura importante concessa dall'intera opera a questa Acqua dalla
luna che non per nulla s'insinua nella parte mediana del disco quasi a
volerne costituire il nucleo. È la canzone delle illusioni infrante, della presa
di coscienza di una realtà difficilmente adattabile al sogno; colui che "voleva
essere un grande mago" è costretto a discendere dal suo piedistallo, incapace
oramai di fare la cosa che più di tutte gli aveva dato ragione di vivere:
"stregare il mondo e ogni sua creatura". Sembra chiaro un riferimento a una
passata crisi d'ispirazione; l'interpretazione è molto sofferta e partecipata,
come a dover quasi confessare una resa; ciò che Cucaio-Claudio non si perdona è l'impossibilità di risollevare
"quelli che non ama nessuno", di non aver potuto far altro che restare zitto e
a fianco "quando mamma stava male" e di non poter riuscire a strappare nemmeno
un sorriso quando "lasciava a casa un figlio, gli occhi dietro la finestra".
Brano dalla malinconia pregnante, dalla rassegnazione quasi contagiosa, Acqua
dalla luna propone passaggi di efficacia musicale notevolissima ed è
accompagnato da una melodia quasi ossessiva, sicuramente dirompente. Anche qui
non manca l'ospite di riguardo: Tony Levin, grazie all'ausilio del suo basso,
cesella armonie sopraffini accompagnato alla batteria dall'altrettanto illustre
collega Steve Ferrone.
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La recente dichiarazione da parte
dello stesso autore, che riconosceva la sua affezione particolare per questa
canzone, non fa altro che certificare quanto si evince da essa in maniera
abbastanza palese. Tamburi lontani è infatti, crediamo, la canzone
autobiografica per eccellenza, quella dove c'è un'evidente impronta di vita
vissuta e di rimpianti lasciati per strada. Essa offre risvolti struggenti: le
strofe si dipanano attraverso un ampio sentiero lirico che discopre un respiro
poetico dirompente. Insieme alla precedente, anch'essa va a costituire il
nocciolo dell'opera intiera e ne costituisce, forse, primo capolinea.
Accompagnata da un incedere musicale circolare e arpeggiato, Tamburi lontani
sintetizza alchimie musicali suggestive, talvolta emozionanti. È forse il brano
che più di tutti rappresenta l'intera opera.
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Il sogno di ogni poeta, di ciascun
compositore di qualsivoglia tipo o fattura, è presumibilmente quello di poter
lasciare qualcosa all'interlocutore che spinga quest'ultimo ad agire, che lo
porti ad aprire gli occhi e spalancarli finalmente sulla realtà. Il grido alto e
vigoroso che si leva da Noi no è certamente un'invocazione intesa in
questo senso; essa mette in guardia dalle mode dell'assuefazione,
dall'appiattimento di un mondo che seguita a propinarci superfici sempre lisce
sulle quali non soffermarsi troppo a pensare: a questo è allora necessario
opporre il proprio secco e categorico rifiuto e piuttosto levare un grido di
ribellione che possa risvegliare le coscienze, troppo spesso comodamente
assopite. Il tema musicale è evidentemente altrettanto deciso e squillante, a
compendio calzante del testo. Da rilevare l'accezione particolare attribuitale
durante il concerto del 1998, alla Favorita di Palermo, che le fece
assumere il significato di inno adeguato e preciso da rivolgere contro la mafia.
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Di grande respiro romantico e tenue
respiro musicale è la successiva Signora delle ore scure, che presenta
sin dai primi versi un lessico particolarmente ricercato di espressioni
squisitamente poetiche ("pelle sfumata d'ombre in fuga dalla stanza, alba
sbucciata odore aspro di un'arancia"). Notevolissimo è il parallelismo che
finisce per sfociare nell'identificazione fra la donna, ch'è Musa ispiratrice, e
l'ispirazione stessa, entrambe compagne notturne abituali: e, nel buio, i
contorni diafani dell'una si confondono mirabilmente nell'altra, lasciando
all'uomo il compito definitivo dell'estrema scelta fra le due. Sarà
l'ispirazione musicale, infine, quella alla quale risulterà impossibile
rinunciare perché l'unica capace di saperle contenere entrambe ("Il musicista
ritrovò la musica sua sola sposa, la Musa allora ritornò al suo museo").
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Spiritosissima, a seguitare lo stile
de Le donne sono, la successiva Navigando, dal linguaggio epico ma
dal tono decisamente leggero. Essa è canzone inconsueta, prodiga di doppi sensi
e d'ironie spicciole che alterna, in un susseguirsi di rapide battute, il
racconto di una navigazione "particolare". L'impetuoso "mare" solcato lascia
ancora una volta sgomento il prode "marinaio" che si sente sballottato tra i
flutti di "capelli indiani,
labbra arabe, occhi venezuelani, gambe andaluse, piedi africani, seni tahitiani,
fianchi tropicali, caviglie zingare, sopracciglia orientali" sino all'agognato
"sbarco in Normandia" che riporta, improvviso, il "vento di bonaccia".
Divertente l'autocitazione nel verso "il sequestro del Maestro" che sottolinea
il soprannome (Maestro) che, nell'ambiente musicale, viene da tempo affibbiato a
Claudio.
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Rintocchi di melodia tribale, echi
suggestivi di percussioni primitive, suggestioni di musica afro: Le mani e
l'anima dipinge uno scenario davvero particolare e realizza una
rappresentazione manierista e straordinariamente dinamica di atmosfere africane.
Baglioni crea una magistrale metafora-identificazione fra il corpo umano e il
continente che si dice essere madre del nostro genere: e nella metamorfosi
dell'uno nell'altro ecco che l'uomo, acquisite forme e figure dell'Africa, si
sente subito affamato, assetato, calpestato; per questo grida la sua Necessità
che non viene peraltro mai considerata da alcuno: intorno a essa c'è il deserto.
Non quello di sabbia e sassi, ma quello ben più arido e indifferente dei cuori
umani. Il controcanto
finale è proprio del grandissimo musicista senegalese Youssou N'Dour.
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Se quest'opera, per stesse ammissioni
del suo autore, non aveva un dichiarato brano-guida, l'ha piuttosto definito
successivamente nello straordinario successo conseguito da una delle pochissime
canzoni d'amore che vi sono presenti: Mille giorni di te e di me. Essa
diviene infatti, nell'immaginario semplicistico dei fan, la nuova Questo
piccolo grande amore. In realtà Millegiorni evidenzia un testo decisamente più maturo e poetico, a cui ben si
congegna la musicalità avvolgente e melodica che la contraddistingue; il testo
descrive la vicenda di un amore che finisce ma che non potrà mai del tutto
concludersi poiché, come tutte le storie importanti, essa è destinata a
sedimentarsi in ogni interstizio di vita vissuta. In moltissimi, forse anche a
giusta ragione, hanno individuato una descrizione puntigliosa e appassionata
della reale storia d'amore appena conclusa da Baglioni. Preferiamo discostarci
da questa seppur romantica supposizione per lasciare che questo brano abbandoni
la dimensione individuale per assumere la portata universale nella quale, per
efficacia narrativa, suggestione poetica e vigore musicale, ci pare
effettivamente di poterla catalogare.
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Canzone allegra ma dalle sfaccettature
piuttosto polemiche è Dov'è dov'è, che mette un po' alla berlina tutti
coloro che tendono a immischiarsi delle altrui questioni: c'è un sentimento
alternato di insofferenza e presa in giro dei paparazzi in questo brano, nonché
un chiaro invito a considerare il rispetto per la dimensione privata della
figura pubblica; forse anche una bacchettata al pubblico esigente che si esprime
in maniera sempre più egoista nei confronti del suo beniamino ("dacci oggi il
nostro disco quotidiano, dai la mano..."). La particolarità di questa canzone è
dovuta all'intervento di personaggi variegati: dalla lettura dell'esordio
parlato da parte di Oreste Lionello alla partecipazione straordinaria dei
signori Baglioni, genitori di Claudio, e di altri vari individui che, per
un motivo o per l'altro, hanno interagito con la vita privata del cantautore.
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"Tieniamente Tienanmen". Non c'è commento alcuno. Solo un nome da ricordare:
nessun'altra parola che un doloroso nome proprio di piazza. Nessun termine che
possa descrivere lo sgomento, l'attonita incredulità per una cronaca d'orrore.
Le note di questo brano sono, per creare un gioco di parole azzeccato, dolenti.
E possono aiutarci soltanto a tenere a mente.
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Il dolore ci piega verso altri dolori:
ci apre quegli occhi che, alzati al cielo soltanto per imprecare verso "il solo
guaio delle nubi", ci rendono ora consapevoli di altre dimensioni disagiate,
abbandonate a se stesse e rinchiuse dentro mondi lontanissimi da quelli che
siamo abituati a vedere. Qui Dio non c'è è canzone dai contorni amari,
che dipinge, a tinte forti, arrendevole disperazione: essa fa un'ampia
carrellata iniziale di squallide ambientazioni periferiche nelle quali nessuno è
disposto a soffermarsi: sono "pagine di libro da voltare con meccanico dolore"
dalle quali pare prendere le distanze anche Dio. Egli sembra non essere
presente, nel dolore; anche il protagonista, che ha un male suo proprio, più
dignitoso per il conformismo morale, ma non meno disperato, ne sente
improvvisamente mancare l'appoggio. Si strugge nella ricerca, si affanna a
seguirne le piste, ma si ritrova ancora una volta ineluttabilmente solo. Vi
sono, in questo brano, versi struggenti di rara efficacia figurativa ed
emozionale. La musica assume margini sfumati, quasi lamentosi. Forse, in queste
appassionate strofe, l'intimismo personale ed evidentemente sofferente del
cantautore raggiunge il suo apice.
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Ci sono momenti nei quali è necessario
cambiare. Sono attimi dolorosi, difficili da affrontare perché molto spesso
comportano addii ad ambienti, situazioni e persone care. Eppure è necessario
farlo perché si tradirebbe se stessi se non lo si facesse. A volte gli uomini
sono come destrieri selvaggi, incapaci di rallentare la frenesia della corsa,
anche se la sanno essere fine a se stessa. La piana dei cavalli bradi
esprime appunto questo forte senso d'inquietudine, d'impazienza, di
refrattarietà alle briglie convenzionali: c'è la necessità assoluta di andare
incontro al futuro per comprenderne la forma: di capire se esso è soltanto una
proiezione anteriore del passato o qualcosa di nuovo e diverso. La musica si
incatena a spirale sul testo, in un susseguirsi di armonie coinvolgenti. Brano
sufficientemente ermetico e pieno di suggestioni metaforiche, La piana è
una canzone dal fascino misterioso, evocatore di luoghi incontaminati.
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L'inseguimento è finito. Con Pace
si compie la catarsi, il definitivo affrancamento dell'uomo Claudio dal piccolo
mago Cucaio. Con essa viene
ultimata, evidentemente, la rinuncia al conseguimento della piena felicità
("pace a me che non so amare ancora ciò che ho e non so non amar quel che non
ho"), ma si apre la nuova prospettiva del sogno e dell'illusione, uniche matrici
ancora in grado di risollevare la natura umana.
C'è molto della poetica romantica ottocentesca, in questo brano, e
l'accostamento alle teorie leopardiane appare essere in effetti non
particolarmente azzardato. L'efficacia poetica appare evidente, l'intento
creativo decisamente riuscito. Pace è degna conclusione di un disco
straordinariamente originale e profondamente intimista.
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Per effetto anche delle
prenotazioni a scatola chiusa degli "affezionati", già il primo giorno il nuovo
lavoro conta 200.000 copie vendute che divengono 350.000 alla fine della prima
settimana e 450.000 dopo quindici giorni. Per cinque settimane Oltre è il primo
ellepì nelle classifiche di vendita. A lungo andare però, il disco non raggiunge
le cifre dei precedenti, tanto che alcuni parlano addirittura e a sproposito,
considerati i numeri comunque raggiunti, di "delusione discografica". Certamente
anche la critica contribuisce a questa difficoltosa affermazione commerciale:
essa assume in principio, e tranne rare eccezioni, posizioni negative verso
"l'ultimo Baglioni" che definisce lapidariamente troppo velleitario, ermetico e
ridondante di autobiografismo.
In realtà la successiva evoluzione dei fatti dimostrerà quanto fosse poco
approfondito il giudizio di molti: come già detto, infatti, Oltre è lavoro che
richiede tempo per essere assimilato pienamente; si può spiegare così
l'improvvisa e incessante ripresa di vendite conseguite dal disco a vari mesi di
distanza dalla data di uscita, tanto che esso conta oggi più di 800.000 copie
vendute; similmente anche le recensioni dei giornalisti, specializzati e non,
rivalutano l'opera di sopraffina ricerca musicale e filosofica realizzata dal
cantautore.
Dopo aver soddisfatto le varie
campagne promozionali necessarie a pubblicizzare il nuovo lavoro, Baglioni
sembra improvvisamente scomparire ancora dalla scena. In realtà, tra il
gennaio
e il febbraio '91, stuzzicato dalla volontà di riprendere a suonare "a braccio"
e in maniera meno rituale di quanto gli sia consentito di fare usualmente, egli
sceglie di compiere veri e propri "blitz" in alcune fra le più celebrate
discoteche della penisola. Senza impegni di calendario, accompagnato dalla
solita band, e con la rigorosa promessa strappata agli organizzatori di non
concedere neppure la minima pubblicità all'evento, Baglioni compare come un
fantasma agli attoniti frequentatori di alcuni locali storici come il Kiwi di Piumazzo, il
Baccarà di Lugo, la Bussola di Viareggio e molti altri. Nel mezzo
della serata egli intrattiene con alcune delle sue canzoni vecchie e nuove per
la durata di un paio d'ore scarse; dopodiché si eclissa e lascia nuovamente
spazio al programma musicale standard.
Sollecitato dall'esito positivo
dell'esperienza che gli regala apprezzamenti anche da un pubblico diverso dal
suo, il successivo 16 marzo attraversa vari quartieri romani cantando a bordo di
un camion scoperto. La partenza, manco a dirlo, avviene da Centocelle, il
sobborgo da cui era iniziata anche la sua carriera di cantante e scatena
entusiasmi per ogni dove, tanto da mettere persino in subbuglio l'ordine
pubblico.
Confortato dell'onda crescente in
termini di popolarità e appagato il suo nuovo bisogno di avvicinamento alla
gente comune, Claudio opta, all'inizio dell'estate 1991, per il lancio di
Oltre su alcuni mercati esteri di Europa, Giappone e America Latina.
Sensibile alle nuove esigenze di
comunicazione, si adopera anche per girare un video clip che si incentra sulla
canzone di apertura dell'ultimo album: Dagli il via.
Ma è il 3 luglio successivo che il
cantautore riscuote il tributo clamoroso di una semina tanto elaborata quanto
sofferta e spazza ogni residua incertezza: a Roma, stadio Flaminio, Claudio
realizza una performance straordinaria con l'esibizione dal vivo dello
spettacolo
Oltre. In tre ore di canzoni,
Claudio ripercorre tutta la sua carriera soffermandosi in modo particolare sui
brani dell'ultima produzione. La particolarità del concerto è il palco centrale
che si presta a notevoli difficoltà tecniche e strutturali. Tuttavia
l'interpretazione e la voglia di stupire di Claudio superano brillantemente le
difficoltà e sono ingredienti principali della magistrale riuscita dello show.
Ad accompagnarlo, sulla piattaforma del palco, i suoi musicisti di lungo corso,
Walter Savelli alle tastiere, Maurizio Galli al basso, Paolo Gianolio alle
chitarre e Beppe Gemelli alla batteria, a cui si aggiungono stavolta anche le
coriste Antonella Pepe e Giulietta Zanardi, già affiatate al resto della
squadra.
La produzione del concerto è del navigato impresario David Zard, capace di
realizzare eventi musicali grandiosi.
Il riscontro del pubblico è, ancora una volta, strepitoso: sono più di
quarantamila le presenze allo stadio, quante l'impianto ne può effettivamente
contenere. Molte di più sono, invece, quelle davanti al video di Raiuno, ancora
disposta a concedere spazio a Baglioni: si parla di qualcosa come sette milioni
di spettatori e di uno share del 25%: cifre davvero rilevanti per uno spettacolo
di musica.
Visto il tracimante entusiasmo, la troupe organizzativa decide di replicare, il
5 luglio, bissando inesorabilmente il trionfo di due giorni prima.
Quello che si presenta alle
seguenti trasmissioni televisive che tornano a contenderselo (Sorrisi 40 anni
di musica italiana presentata da Gianni Morandi e nella quale Claudio compie,
tra l'altro, piacevolissime evoluzioni canore con lo stesso Morandi, con
Gino Paoli, Guccini, Jannacci; Domenica in presentata invece dall'onnipresente
Pippo Baudo e altre ancora) è un Baglioni molto più rilassato e tranquillo di
quello visto prima dell'uscita di Oltre. Forse rinfrancato dal recente
successo, pare più disposto a rivestire il ruolo di personaggio pubblico e a
proporsi in maniera meno celebrativa.
Alla fine dell'anno viene
pubblicata la videocassetta
Oltre una bellissima notte,
che riporta fedelmente e integralmente il concerto tenuto al Flaminio il
precedente 3 luglio.
Il 28 gennaio '92 parte invece, da
Firenze, un tour destinato a toccare i
vari palasport italiani: l'idea originale
era in effetti quella di girare la penisola con una tensostruttura, ma i costi e
le difficoltà di concretizzare effettivamente il progetto consigliano alla
produzione di accantonare l'idea primigenia.
La realizzazione dei concerti è simile, seppur limitata nelle proporzioni, a
quella dei due spettacoli estivi di Roma: il palco rimane centrale e il gruppo
di accompagnamento è sempre il medesimo.
Uguale è anche il trionfo che, data dopo data, gli astanti convenuti concedono
al loro beniamino, riempiendo d'entusiasmo e calore ogni palasport: Oltre il
concerto soddisfa anche la critica e viene premiato con il Grammy europeo per
l'Italia quale miglior tour del nostro paese.
A compendio di questi concerti invernali esce, il 15 luglio,
Assieme oltre il concerto, adeguata sintesi di alcune
delle canzoni più significative dello show.
Nel frattempo però, Claudio non si ferma, deciso a realizzare una continuazione
estiva dei concerti appena conclusisi nei palasport: domenica 19 luglio 1992, lo
Stadio di Alba Adriatica è pronto per il battesimo della seconda parte del tour,
Ancorassieme sotto un cielo mago. Il nuovo
spettacolo risulta lievemente modificato rispetto agli show invernali e dispone
di un suggestivo elevamento scenografico in più, un cielo notturno corredato di
luna e stelle; esso si avvale inoltre di un palco insieme essenziale e
avveniristico sormontato da una copertura che ospita l'impianto d'illuminazione
con 386 punti luce e quello sonoro con 72 diffusori appesi al tetto e 24 alla
base dei quattro tralicci di 10 metri che sostengono la volta; il tutto per 70
mila watt di potenza!
Tuttavia, a un paio d'ore dall'inizio, di fronte a numerosissime persone già
stipate su prato e spalti, il cantautore annuncia che il concerto non sarà
tenuto: poco prima infatti, in una secondaria strada di Palermo prospiciente la
sua abitazione era stato barbaramente trucidato dalla mafia, assieme agli uomini
della sua scorta, il magistrato Paolo Borsellino. La gente convenuta comprende
la gravità dell'evento e condivide la decisione dell'artista di astenersi, per
quella sera, dall'esibizione. Claudio, il suo staff e il suo pubblico dimostrano
piena maturità: una serata festosa e gioiosa non avrebbe infatti avuto, a quel
punto, alcun senso di essere. L'appuntamento d'esordio è quindi rinviato senza
appello a due giorni dopo.
Dopo lo sfortunato inizio, tuttavia, il tour di Baglioni prosegue riscuotendo un
trionfale successo: passando per molte delle località di villeggiatura più note,
esso richiama migliaia di spettatori e accavalla date a date, sino a
ottobre
inoltrato. Un altro episodio increscioso però, accaduto a metà tournée,
interviene a modificare lo spettacolo nella sostanza: durante l'allestimento del
palco viene a crollare una struttura a causa del maltempo, provocando
addirittura la morte di un addetto al montaggio delle impalcature. Nonostante lo
scoramento intervenuto in tutta la composizione della squadra, viene ugualmente
deciso di proseguire lo show che tuttavia comporterà la revisione, nonché la
cancellazione, di alcune scene e scenografie.
Nel novembre successivo esce il CD
Ancorassieme, resoconto del tour estivo e ideale
continuazione "live" di Assieme oltre il concerto.
La pubblicazione di detto disco
coincide anche con l'atto finale del capitolo Oltre. Dopo più di due anni di
permanenza quasi ininterrotta di Claudio sulla ribalta discografica, anche i fan
comprendono che è ormai prossimo l'inevitabile e consueto distacco dalle scene
pubbliche seguito a quasi tutti i periodi intensi: infatti, anche questa volta,
Baglioni staccherà la spina completamente e per il solito, lunghissimo periodo.
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