biografia
a cura di Luca Tempini

Introduzione
 
Prologo
 
L'ambiente
 
Le prime note... di giorno
 
I tentativi
 
Cantante professionista
 
Le canzoni stonate...
 
L'influenza del cinema
 
Ragazzo nell'est
 
Quella sua maglietta fina
 
I giri di Camilla
 
La consacrazione definitiva
 
Il sabato del villaggio
 
Solo in compagnia di sé senza chiedere il permesso...
 
Un nuovo disco e un discografico nuovo
 
Canzoni e una piccola (grande) storia che continua...
 
Alé-oó
 
La canzone del secolo
 
La vita è adesso, il sogno, sempre
 
D'Assolo continuerò
 
Un trovatore perso un cantastorie muto
 
OLTRE
 
Appunti sparsi su quel che c'è
 
Sempre lo stesso, più grigio ma non domo
 
L'anima nuova di Claudio
 
Da me a te e dalla città allo stadio: un progetto lungo un sogno
 
Giri di "valzer" per un viaggiatore
 
Di nuovo "in viaggio" per sapere cosa c'è laggiù...
 
Sogno di una notte di note
 
Come per incanto
 
I concerti irregolari
 
L'uomo della storia accanto
 
Tutti in un abbraccio
 
'O scia'
 
Da cantautore a commendatore
 
Finale in... crescendo
 
Titoli di coda
 
Bibliografia e testi
 
Credimi, CREDITI
 

OLTRE

Nell'ottobre del 1989 si dà oramai per scontato che l'uscita del nuovo disco sia cosa fatta: le notizie dei bene informati assicurano che sono già state registrate le basi musicali e che debbano ancora essere definiti gli ultimi dettagli: ma, si dice, è questione di pochi giorni ancora. A confermare implicitamente la veridicità di queste illazioni interviene ufficialmente la CBS con un annuncio che accredita l'ormai prossimo avvenimento: sarà possibile prenotare il nuovo lavoro di Baglioni ricevendone, a compendio, anche il diritto a usufruire di un'edizione speciale, confezionata appositamente. La casa editrice rende noto anche il titolo dell'ellepì: Un mondo più uomo sotto un cielo mago. Naturalmente il popolo di Claudio risponde sollecitamente all'invito: nel giro di pochissimi giorni si registrano decine di migliaia di prenotazioni: pungolato dalla spasmodica attesa, periodicamente solleticato e puntualmente deluso, il pubblico dei fan ha ora la certezza che il grande momento sia giunto, che finalmente le nuove canzoni svelino l'anima nuova del loro riferimento musicale: invece trascorrono altri mesi senza che sia concessa alcun'altra informazione sicura. Le notizie si rincorrono, incerte; sembra che, improvvisamente scontento di quanto realizzato, Claudio abbia fermato il progetto per ricostruirlo daccapo.
Prende corpo anche qualche piccola polemica ma più di tutto, a serpeggiare nell'animo dei seguaci baglioniani, è lo sconforto per l'ennesimo appuntamento rimandato.
Certamente Claudio vive un momento di insicurezza notevole, che la recente contestazione torinese ha contribuito ad accrescere; oltretutto, sempre nel 1989, si ha notizia della ormai avvenuta separazione da Paola Massari, moglie ma anche collaboratrice fattiva. Tale separazione interrompe quindi, oltre al rapporto matrimoniale, anche quel singolare sodalizio artistico che, sin dai primi anni della carriera, aveva sempre caratterizzato i lavori di Baglioni: dal ruolo di "voce" e corista a quello di musa ispiratrice a quello ancora più impegnativo di coautrice dei testi, Paola è sempre stata "spalla" discreta e partecipe.
Quest'ultima situazione alimenta ulteriori malumori nei fan, perlopiù molto legati a Paola, che avevano sempre idealizzato la sua unione con Claudio come indissolubile. Da più parti ci si chiede cosa stia accadendo a Baglioni: ma per moltissimo tempo più nessuna notizia interviene a confortare l'ansia di un pubblico comunque ancora compatto e in continua, fremente attesa.

Nell'ottobre del 1990, finalmente, intervengono nuove voci che danno come certa l'uscita del nuovo disco, ancora una volta confortate dalla conferma della CBS. Il disco si accompagnerà a una confezione lussuosa, sarà doppio e conterrà ben venti brani inediti. L'uscita è prevista nel mese successivo e, diversamente a quanto comunicato l'anno precedente, si intitolerà Oltre: Un mondo uomo sotto un cielo mago è relegato ora al ruolo marginale di sottotitolo.

Tuttavia, a pochi giorni dalla suddetta notizia, accade l'ennesimo imprevisto che sembra nuovamente dover posticipare la tanto sospirata pubblicazione: Claudio è infatti protagonista di un pauroso incidente automobilistico che gli fa riportare significative ferite alle mani e alla lingua. Inizialmente si parla anche della possibilità che l'artista non possa tornare a cantare. Tuttavia già dopo pochi giorni le notizie sulla prognosi sono confortanti, tanto da escludere ogni complicazione riguardo alla futura ripresa della carriera.
È anche confermata la data di uscita dell'album, il 16 novembre.

Nei primi giorni del mese, Raistereodue trasmette l'anteprima assoluta del primo brano del lato A: Dagli il via. A distanza di due giorni, sempre in anteprima, la stessa emittente fa ascoltare un secondo pezzo: Io dal mare.

Giovedì 15 novembre, Claudio Baglioni è l'unico ospite del seguitissimo Maurizio Costanzo Show, teletrasmesso da Canale 5 dal Teatro Parioli di Roma.
È l'ufficiale ritorno in pubblico dopo più di due anni: centinaia di persone assediano il teatro già diverse ore prima che inizi il talk show; l'attesa è spasmodica.
Quello che, alfine, si presenta sul palco del Parioli, è un Baglioni davvero inconsueto: pallido, emaciato, evidentemente ancora convalescente per l'incidente ma, da quanto si evincerà in seguito, non solo per quello: Claudio dichiara infatti di aver attraversato un periodo di difficoltà estrema che coinvolgeva anche la sfera strettamente professionale e artistica. Ammette persino che, per rinvigorirsi il corpo e lo spirito, ha sostenuto addirittura allenamenti specifici di pugilato: "senza mai combattere, però".
Quasi costretto da presentatore e pubblico e pur non essendo ancora completamente ristabilito, il cantautore esegue dal vivo l'unico pezzo strumentale del nuovo lavoro, Tieniamente. Quindi, sempre incalzato dagli stessi interlocutori, interpreta, alla sua maniera, Questo piccolo grande amore.
Il confronto a due prosegue svelando qualche piccola confessione professionale e privata ma soprattutto evidenzia una grande timidezza di fondo e un crescente disagio verso le telecamere. Sembra in effetti di rivedere, negli atteggiamenti, la stessa difficoltà che era parsa evidente anche sul palco dell'Ariston di cinque anni prima.
Claudio afferma che quello che sta per uscire è un album molto sofferto, che non ha una canzone guida e che, forse ancora più di tutti i precedenti, ha caratteristiche precise di autobiografia.
Dichiara di aver tratto grandi stimoli dalla conoscenza divenuta approfondita e amicale con un musicista del calibro di Peter Gabriel, con il quale è nato un rapporto di confronto professionale stimolante e proficuo.
Alla fine delle due ore, pare in effetti che il protagonista non veda l'ora di eclissarsi, di tornare in quello stesso anonimato che aveva caratterizzato, se si eccettuano poche brevi improvvisazioni, i suoi ultimi cinque anni.
Tuttavia le regole del gioco, a questo punto, non consentono al realizzatore di un prodotto discografico, chiunque egli sia, di rientrare nei ranghi come nulla fosse: Claudio in particolar modo è atteso alle solite esibizioni di largo respiro e ai consueti bagni di folla. Ma prima, per esigenze sue proprie, cercherà d'intraprendere una strada più intima e raccolta, che lo porterà a esibizioni quanto mai bizzarre.

Prima di seguirlo attraverso le sue particolari e inconsuete evoluzioni, concediamoci qualche minuto di rilassamento: accendiamo lo stereo, apriamo l'elegante cofanetto della confezione, sfiliamo il vinile dalla busta coloratissima, poggiamolo sul piatto e "diamo il via" in tutta comodità, alle note sinuose e alle frenetiche parole che costituiscono l'ambizioso progetto; dopo molto attendere, dopo interminabili vicissitudini, Oltre veicola finalmente dalle nostre orecchie, passando per il decodificatore razionale del cervello e arrivando direttamente e senza possibilità di essere fermato nel posto ove, all'interno della complessa macchina umana, risiede il capiente e mai riempito del tutto serbatoio dell'emozione.

Come detto in più di un'occasione, la confezione del vinile è corredata di un cofanetto lucido e coloratissimo che evidenzia, fra sfumature di rosso, un primo piano sufficientemente "inconsueto" del cantante. Sullo sfondo sono visibili disegni asimmetrici e indefinibili, accompagnati da una sorta di "movimento ondulatorio", forse a voluto richiamo della risacca marina.
Sulle quattro facciate delle buste che contengono i dischi sono invece stampate altrettante rappresentazioni dei quattro elementi primordiali: Terra, Aria, Acqua e Fuoco. Essi costituiscono le entità principali e necessarie da cui, secondo i filosofi presocratici, primi capisaldi del pensiero occidentale, derivavano tutte le altre.
Infine, un lunghissimo foglio dispiegato a fisarmonica e scritto a mano direttamente dall'autore caratterizza l'inedita novità dei "gusci". Essi sono gli embrioni dei testi e costituiscono un racconto metaforico sulla nascita, la crescita e la maturazione del protagonista del disco stesso: Cucaio. Egli non è altri che "l'alter ego" di Baglioni, il modo infantile in cui lui stesso storpiava il suo nome di battesimo. In questa sorta di avventura epico-romantica, il protagonista che si traveste un po' da Ulisse, un po' da Simbad, un po' da Gilgamesh, solca il mare mutevole e difficoltoso della vita, annaspando paurosamente tra i flutti. Se il racconto risulta difficoltoso a una prima lettura, tuttavia i gusci aiutano nella comprensione delle stesse canzoni che a loro volta, quando acquisite, delucidano il contenuto dei gusci.
In effetti i testi presentano passaggi impervi e difficoltosi e non sono sempre intuibili al primo ascolto: Claudio esplora la lingua italiana sin nei suoi più lontani confini, utilizzando a piene mani il ricorso alla metafora e al simbolismo, ricorrendo a forme ricercate di allitterazioni, onomatopee, ossimori e altre figure retoriche difficilmente riscontrabili in canzoni di musica leggera. Molto spesso il "contenuto" del testo si dissolve nello stile, dando origine a una rilettura più semantica che logica.
Eppure, nonostante questo ridondare di ermetismi forse anche eccessivo, il senso del discorso non si smarrisce mai; la trama è chiara, l'intento lampante: Oltre è un concept album, l'ennesimo; è la vicenda di Claudio-Cucaio alla ricerca della maturità, delle risposte mai avute, delle strade da scegliere. È la caccia a quella vita che improvvisamente si accorge di non avere mai compreso e che lo ha tramortito e sbeffeggiato senza rispetto. È un viaggio naufrago alla ricerca delle certezze perdute e delle convinzioni smarrite. Una navigazione senza speranza che concede la pace solo nel momento in cui si comprende che non esistono risposte, né certezze; che le strade da prendere hanno, in fondo, eguale valore e l'unico scopo dell'uomo sta nella ricerca; solo in essa infatti, si certifica la realizzazione antropica. L'opera fa della filosofia esistenziale il suo riferimento principale e realizza passaggi poetici vigorosi. Oltre abbandona quasi completamente la via della divulgazione e intraprende integralmente e ormai irreversibilmente la strada impegnativa e impervia della qualità.

Anche il discorso musicale è affrontato in maniera approfondita. Anzi, si può anche affermare che quel processo già iniziato ne La vita è adesso e che tendeva a far acquisire alla melodia una posizione di alternata preminenza nei confronti del testo venga qui portato definitivamente a termine. È infatti la musica a dettare, nell'ultimo lavoro, i tempi delle canzoni: il testo va a dispiegarsi sopra di essa e ne subisce in molte occasioni le direttive, finendo spesso a dover ricorrere alle tronche o, ancora una volta, all'enjambement per meglio innestarsi sulla composizione metrica.
Quanto ai "motivi melodici" inseriti, sono davvero molteplici e disparati: si spazia da accenni di musica "afro" al country, da riflessioni jazz al classico incedere melodico; essi sono condensati ed elaborati dagli arrangiamenti curati da Celso Valli e impreziositi dalla partecipazione straordinaria di cantanti e musicisti di calibro internazionale.

Più dei discorsi critici e di quelli squisitamente tecnici, comunque, il disco colpisce per l'ispirazione, per le intuizioni poetiche, per quelle musicali, per la capacità di stupire e suscitare, in chi si predispone a farlo, pieno coinvolgimento emozionale.

Lasciamo dunque che i microsolchi compiano l'inevitabile "viaggio circolare" e possano al loro ritorno, come il naufrago di cui ci rendono le gesta, restituirci testimonianza di ciò che è davvero possibile ammirare e conoscere "Oltre" il mondo conosciuto:

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Il prologo del disco è costituito dallo sbuffo di un uomo esausto, che si affatica nella dinamica della corsa e, metaforicamente, dietro la vita: egli se la rivede passare dinanzi durante lo sforzo fisico, aumentandolo e corroborando la fatica. Eppure la corsa diviene, nell'incedere del ricordo, unica valvola di sfogo, ricettario universale di salvazione dall'affanno del vivere ("o la corsa o la vita"). La trama è evidentemente autobiografica. Il tema musicale è veloce e dinamico, a costituire elemento simbiotico con la scena descritta dal testo. Pur possedendo una matrice "sofferente", Dagli il via è una di quelle canzoni dalla rapida acquisizione e che tendono a garantirsi una posizione abbastanza consolidata nelle esecuzioni "live" più festaiole.
 

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Certamente diversa è invece l'impronta d'impostazione attribuita alla seconda traccia, la cui musicalità soffusa e sussurrante appare in evidente antitesi col brano d'apertura: Io dal mare mostra un tessuto intrecciato di suggestioni poetiche impreziosite da esercizi stilistici mai fini a se stessi; dalle metafore, dagli ossimori e soprattutto dalle onomatopee del testo viene evidentemente richiamata l'idea innata del mare. Anche la successione delle note, leggere e cicliche, sembra ricalcare l'alternarsi tranquillo della risacca. Melodia e parole accompagnano l'uomo alla ricerca della sua origine liquida: egli è nato dal mare poiché su esso è stato concepito e ora, nel momento dell'estrema difficoltà, eccolo avvertire un bisogno fisico di cercarlo, quasi come se la sua essenza, il suo odore, il suo sapore fossero le membra accoglienti del terzo genitore che si dispieghino, finalmente, a confortarlo. Il finale struggente del brano è affidato al primo ospite illustre del disco: quel Pino Daniele la cui chitarra regala magici virtuosismi e suggella, come adeguata cornice per una tela di valore, la straordinarietà del pezzo.
 

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Naso di falco sembra essere invece, nella fase iniziale, un'altra di quelle canzoni che ricercano infantili elementi autobiografici per alimentarne la nostalgia. Tuttavia essa si trasforma, nel dispiegarsi delle strofe, in qualcosa di molto diverso e approfondito; qui è ben presente la dicotomia Cucaio-Claudio: se l'uno si poneva le puerili questioni dell'infanzia, che tuttavia sfuggivano alla sua intuizione di fanciullo ("perché il cielo è così azzurro, chi colora una farfalla", ecc.), oggi, nella sua dimensione di adulto, guarda a diverse interrogazioni ("chi ha incendiato il cielo di Ustica, chi ha imbiancato Medellin?", ecc.) ma con la stessa incapacità di darsi una risposta esauriente e che possa allontanare la frustrazione. Anch'egli dunque non riesce a soddisfare le sue domande ma lascia tuttavia aleggiare una speranza: come il tempo è venuto in soccorso a Cucaio, svelando dubbi che parevano irresolubili, così forse esso, (freccia, arco e soldato blu) interverrà in aiuto dell'adulto Claudio per vendicare i torti subiti e riportare le luci della ribalta sulla verità.
 

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L'improbabile scioglilingua che funge da inusuale introduzione a Io, lui e la cana femmina anticipa, con le sue infinite e ripetute allitterazioni, un testo divertente e scanzonato, costituito da esperimenti lessicali, neologismi e costruzioni grammaticali deliberatamente strampalate. Eppure la sostanza del testo, che si dispiega attraverso il racconto di una passeggiata mattinale coi cani, assume anche connotazioni dal colore malinconico: "sarebbe meglio camminare carponi, vagabondi, pelosi, di cespugli e pozzanghere padroni maledetti" piuttosto che "avere regole" alle quali sottostare come in un copione già scritto; dover attenersi al contratto sociale e comportarsi sempre in maniera "lecita" pare essere, in alcuni momenti, davvero insopportabile. Così, questo momento di estrema comunione con i cani e in cui il padrone si ritrova a condividere le loro stesse sensazioni diviene un attimo di "atarassia", di momentanea scomparsa di quel dolore che seguita ad attanagliarlo. E così insieme se ne vanno a spasso "felici nella coda e il cuore suona da contrabbasso" anche se ciascuno ha addosso la sua vita e i ruoli continueranno, al termine della giornata, a essere sempre ben definiti. La musica, sinuosa e ridondante di effetti ritmici, fa assumere al brano il carattere piacevole e brioso della ballata.
 

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Molto raramente, nel corso delle sue successive esibizioni, Claudio Baglioni ha ricantato questa Stelle di stelle. Essa è brano dal testo abbastanza ermetico, che vuole comunque dichiarare l'improvvisa sorpresa dell'artista nel trovarsi improvvisamente alle prese con gli "affanni umani"; egli, che credeva grazie alla sua condizione privilegiata di esserne immune, si trova invece completamente invischiato in essi, finendo per esserne travolto e per soffrirne più degli altri. Ma forse, grazie alla conoscenza di questo inedito e sconosciuto dolore, egli potrà apprezzare meglio, in futuro, i rari momenti felici. Davvero significativo che a duettare con lui nella seconda parte sia la grande Mia Martini, che imprime vigore, grazie alla sua straordinaria interpretazione vocale, a tutto il pezzo. Dicevamo della riluttanza del cantante a eseguirlo: nelle pochissime volte che l'ha presentato in pubblico, egli lo ha sempre fatto evitando di intervenire sulla parte riservata a Mia; forse per una questione di grande rispetto o forse, come ci piace credere, perché ciascuno, alla suggestione prodotta da quelle dolcissime note, possa rammentarsi sempre della sua espressione, del suo volto, della sua ineguagliabile voce...
 

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L'uomo alle prese con il ricordo si crogiola in una sofferenza sconosciuta fino ad allora che a ogni pensiero di lei emerge sempre più netta: potrebbe essere questa la sintesi di Vivi. Il ripetuto utilizzo del verbo essere alla forma imperfetta ("Vivi, ERAVAMO") presuppone che, proprio a causa della scissione con la donna, l'uomo non possa più essere vitale, e che anche ella abbia perso quella condizione; come se quell'unione fra loro fosse il solo vero essere e le due entità (uomo e donna) semplicemente due membra vitali dello stesso corpo; una volta separate, esse provocano la morte di quel corpo stesso. Ecco perché viene qui denunciata soprattutto la mancanza fisica di lei, che il ricordo dettagliato dei precedenti, e mai più possibili, incontri erotici, contribuisce ad acuire sensibilmente. La passione e la voglia si scontrano frontalmente con una realtà diversa e difficile da tollerare perché quella di lasciarsi, di non essere più "vivi", è oramai una decisione realizzata e irreversibile.
 

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Di tutt'altro tenore invece, Le donne sono. Più che una canzone sulle donne però, come parrebbe far supporre il titolo, essa è una spassosissima e divertente presa di coscienza degli uomini che ammettono la loro definitiva rinunzia a cercare di comprenderle. Esse sono tutto e il contrario di tutto: un giorno streghe, un altro fate, dispensatrici dell'improvviso, fautrici di impensabili sorprese. Eppure gli uomini sono sempre lì, disposti a concedere loro la bacchetta di direttrici d'orchestra; e il motivo di questo rincorrerle continuo è probabilmente riconducibile a quella grazia ch'è insita nella loro naturale leggiadria, in quella freschezza d'essere con cui ammantano le loro vite; in quello "sgambare odorose" e nel loro essere "insolite insolute insalate capricciose" che fa perdere la testa agli uomini e indirizza il mondo a girare sempre e comunque dalla loro parte. Il tema musicale è altrettanto allegro e veloce e va a costituire riuscita sintesi col testo dando luogo a un pezzo sempre piacevole da riascoltare.
 

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Il turbinio di elementi erotici che scatena la sensualissima Domani mai e definisce con sfumature dettagliate un passionale atto sessuale riprende da vicino, nei contenuti, il discorso già accennato da Vivi. Contrariamente al brano precedente, però, qui l'azione si svolge nel presente dove l'uomo e la donna si amano senza saziarsi nell'ultima notte che è loro concessa prima della dolorosa separazione: l'indomani essi non saranno più un'unica cosa ma due diverse metà che dovranno ora lottare per affermarsi come individui unici. Il pezzo possiede un incedere musicale incalzante e assume in taluni punti un taglio piacevolmente "spagnoleggiante", ravvivato com'è dalla straordinario arpeggio della chitarra classica di Paco De Lucia, terzo artista a portare valore aggiunto al lavoro. Varie volte riproposta dal vivo, Domani mai è stata anche spesso accompagnata da evoluzioni coreografiche spettacolari e quanto mai esplicite.
 

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Già dal prepotente esordio si intuisce la sottolineatura importante concessa dall'intera opera a questa Acqua dalla luna che non per nulla s'insinua nella parte mediana del disco quasi a volerne costituire il nucleo. È la canzone delle illusioni infrante, della presa di coscienza di una realtà difficilmente adattabile al sogno; colui che "voleva essere un grande mago" è costretto a discendere dal suo piedistallo, incapace oramai di fare la cosa che più di tutte gli aveva dato ragione di vivere: "stregare il mondo e ogni sua creatura". Sembra chiaro un riferimento a una passata crisi d'ispirazione; l'interpretazione è molto sofferta e partecipata, come a dover quasi confessare una resa; ciò che Cucaio-Claudio non si perdona è l'impossibilità di risollevare "quelli che non ama nessuno", di non aver potuto far altro che restare zitto e a fianco "quando mamma stava male" e di non poter riuscire a strappare nemmeno un sorriso quando "lasciava a casa un figlio, gli occhi dietro la finestra". Brano dalla malinconia pregnante, dalla rassegnazione quasi contagiosa, Acqua dalla luna propone passaggi di efficacia musicale notevolissima ed è accompagnato da una melodia quasi ossessiva, sicuramente dirompente. Anche qui non manca l'ospite di riguardo: Tony Levin, grazie all'ausilio del suo basso, cesella armonie sopraffini accompagnato alla batteria dall'altrettanto illustre collega Steve Ferrone.
 

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La recente dichiarazione da parte dello stesso autore, che riconosceva la sua affezione particolare per questa canzone, non fa altro che certificare quanto si evince da essa in maniera abbastanza palese. Tamburi lontani è infatti, crediamo, la canzone autobiografica per eccellenza, quella dove c'è un'evidente impronta di vita vissuta e di rimpianti lasciati per strada. Essa offre risvolti struggenti: le strofe si dipanano attraverso un ampio sentiero lirico che discopre un respiro poetico dirompente. Insieme alla precedente, anch'essa va a costituire il nocciolo dell'opera intiera e ne costituisce, forse, primo capolinea. Accompagnata da un incedere musicale circolare e arpeggiato, Tamburi lontani sintetizza alchimie musicali suggestive, talvolta emozionanti. È forse il brano che più di tutti rappresenta l'intera opera.
 

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Il sogno di ogni poeta, di ciascun compositore di qualsivoglia tipo o fattura, è presumibilmente quello di poter lasciare qualcosa all'interlocutore che spinga quest'ultimo ad agire, che lo porti ad aprire gli occhi e spalancarli finalmente sulla realtà. Il grido alto e vigoroso che si leva da Noi no è certamente un'invocazione intesa in questo senso; essa mette in guardia dalle mode dell'assuefazione, dall'appiattimento di un mondo che seguita a propinarci superfici sempre lisce sulle quali non soffermarsi troppo a pensare: a questo è allora necessario opporre il proprio secco e categorico rifiuto e piuttosto levare un grido di ribellione che possa risvegliare le coscienze, troppo spesso comodamente assopite. Il tema musicale è evidentemente altrettanto deciso e squillante, a compendio calzante del testo. Da rilevare l'accezione particolare attribuitale durante il concerto del 1998, alla Favorita di Palermo, che le fece assumere il significato di inno adeguato e preciso da rivolgere contro la mafia.
 

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Di grande respiro romantico e tenue respiro musicale è la successiva Signora delle ore scure, che presenta sin dai primi versi un lessico particolarmente ricercato di espressioni squisitamente poetiche ("pelle sfumata d'ombre in fuga dalla stanza, alba sbucciata odore aspro di un'arancia"). Notevolissimo è il parallelismo che finisce per sfociare nell'identificazione fra la donna, ch'è Musa ispiratrice, e l'ispirazione stessa, entrambe compagne notturne abituali: e, nel buio, i contorni diafani dell'una si confondono mirabilmente nell'altra, lasciando all'uomo il compito definitivo dell'estrema scelta fra le due. Sarà l'ispirazione musicale, infine, quella alla quale risulterà impossibile rinunciare perché l'unica capace di saperle contenere entrambe ("Il musicista ritrovò la musica sua sola sposa, la Musa allora ritornò al suo museo").
 

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Spiritosissima, a seguitare lo stile de Le donne sono, la successiva Navigando, dal linguaggio epico ma dal tono decisamente leggero. Essa è canzone inconsueta, prodiga di doppi sensi e d'ironie spicciole che alterna, in un susseguirsi di rapide battute, il racconto di una navigazione "particolare". L'impetuoso "mare" solcato lascia ancora una volta sgomento il prode "marinaio" che si sente sballottato tra i flutti di "capelli indiani, labbra arabe, occhi venezuelani, gambe andaluse, piedi africani, seni tahitiani, fianchi tropicali, caviglie zingare, sopracciglia orientali" sino all'agognato "sbarco in Normandia" che riporta, improvviso, il "vento di bonaccia". Divertente l'autocitazione nel verso "il sequestro del Maestro" che sottolinea il soprannome (Maestro) che, nell'ambiente musicale, viene da tempo affibbiato a Claudio.
 

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Rintocchi di melodia tribale, echi suggestivi di percussioni primitive, suggestioni di musica afro: Le mani e l'anima dipinge uno scenario davvero particolare e realizza una rappresentazione manierista e straordinariamente dinamica di atmosfere africane. Baglioni crea una magistrale metafora-identificazione fra il corpo umano e il continente che si dice essere madre del nostro genere: e nella metamorfosi dell'uno nell'altro ecco che l'uomo, acquisite forme e figure dell'Africa, si sente subito affamato, assetato, calpestato; per questo grida la sua Necessità che non viene peraltro mai considerata da alcuno: intorno a essa c'è il deserto. Non quello di sabbia e sassi, ma quello ben più arido e indifferente dei cuori umani. Il controcanto finale è proprio del grandissimo musicista senegalese Youssou N'Dour.
 

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Se quest'opera, per stesse ammissioni del suo autore, non aveva un dichiarato brano-guida, l'ha piuttosto definito successivamente nello straordinario successo conseguito da una delle pochissime canzoni d'amore che vi sono presenti: Mille giorni di te e di me. Essa diviene infatti, nell'immaginario semplicistico dei fan, la nuova Questo piccolo grande amore. In realtà Millegiorni evidenzia un testo decisamente più maturo e poetico, a cui ben si congegna la musicalità avvolgente e melodica che la contraddistingue; il testo descrive la vicenda di un amore che finisce ma che non potrà mai del tutto concludersi poiché, come tutte le storie importanti, essa è destinata a sedimentarsi in ogni interstizio di vita vissuta. In moltissimi, forse anche a giusta ragione, hanno individuato una descrizione puntigliosa e appassionata della reale storia d'amore appena conclusa da Baglioni. Preferiamo discostarci da questa seppur romantica supposizione per lasciare che questo brano abbandoni la dimensione individuale per assumere la portata universale nella quale, per efficacia narrativa, suggestione poetica e vigore musicale, ci pare effettivamente di poterla catalogare.
 

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Canzone allegra ma dalle sfaccettature piuttosto polemiche è Dov'è dov'è, che mette un po' alla berlina tutti coloro che tendono a immischiarsi delle altrui questioni: c'è un sentimento alternato di insofferenza e presa in giro dei paparazzi in questo brano, nonché un chiaro invito a considerare il rispetto per la dimensione privata della figura pubblica; forse anche una bacchettata al pubblico esigente che si esprime in maniera sempre più egoista nei confronti del suo beniamino ("dacci oggi il nostro disco quotidiano, dai la mano..."). La particolarità di questa canzone è dovuta all'intervento di personaggi variegati: dalla lettura dell'esordio parlato da parte di Oreste Lionello alla partecipazione straordinaria dei signori Baglioni, genitori di Claudio, e di altri vari individui che, per un motivo o per l'altro, hanno interagito con la vita privata del cantautore.
 

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"Tieniamente Tienanmen". Non c'è commento alcuno. Solo un nome da ricordare: nessun'altra parola che un doloroso nome proprio di piazza. Nessun termine che possa descrivere lo sgomento, l'attonita incredulità per una cronaca d'orrore. Le note di questo brano sono, per creare un gioco di parole azzeccato, dolenti. E possono aiutarci soltanto a tenere a mente.
 

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Il dolore ci piega verso altri dolori: ci apre quegli occhi che, alzati al cielo soltanto per imprecare verso "il solo guaio delle nubi", ci rendono ora consapevoli di altre dimensioni disagiate, abbandonate a se stesse e rinchiuse dentro mondi lontanissimi da quelli che siamo abituati a vedere. Qui Dio non c'è è canzone dai contorni amari, che dipinge, a tinte forti, arrendevole disperazione: essa fa un'ampia carrellata iniziale di squallide ambientazioni periferiche nelle quali nessuno è disposto a soffermarsi: sono "pagine di libro da voltare con meccanico dolore" dalle quali pare prendere le distanze anche Dio. Egli sembra non essere presente, nel dolore; anche il protagonista, che ha un male suo proprio, più dignitoso per il conformismo morale, ma non meno disperato, ne sente improvvisamente mancare l'appoggio. Si strugge nella ricerca, si affanna a seguirne le piste, ma si ritrova ancora una volta ineluttabilmente solo. Vi sono, in questo brano, versi struggenti di rara efficacia figurativa ed emozionale. La musica assume margini sfumati, quasi lamentosi. Forse, in queste appassionate strofe, l'intimismo personale ed evidentemente sofferente del cantautore raggiunge il suo apice.
 

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Ci sono momenti nei quali è necessario cambiare. Sono attimi dolorosi, difficili da affrontare perché molto spesso comportano addii ad ambienti, situazioni e persone care. Eppure è necessario farlo perché si tradirebbe se stessi se non lo si facesse. A volte gli uomini sono come destrieri selvaggi, incapaci di rallentare la frenesia della corsa, anche se la sanno essere fine a se stessa. La piana dei cavalli bradi esprime appunto questo forte senso d'inquietudine, d'impazienza, di refrattarietà alle briglie convenzionali: c'è la necessità assoluta di andare incontro al futuro per comprenderne la forma: di capire se esso è soltanto una proiezione anteriore del passato o qualcosa di nuovo e diverso. La musica si incatena a spirale sul testo, in un susseguirsi di armonie coinvolgenti. Brano sufficientemente ermetico e pieno di suggestioni metaforiche, La piana è una canzone dal fascino misterioso, evocatore di luoghi incontaminati.
 

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L'inseguimento è finito. Con Pace si compie la catarsi, il definitivo affrancamento dell'uomo Claudio dal piccolo mago Cucaio. Con essa viene ultimata, evidentemente, la rinuncia al conseguimento della piena felicità ("pace a me che non so amare ancora ciò che ho e non so non amar quel che non ho"), ma si apre la nuova prospettiva del sogno e dell'illusione, uniche matrici ancora in grado di risollevare la natura umana.
C'è molto della poetica romantica ottocentesca, in questo brano, e l'accostamento alle teorie leopardiane appare essere in effetti non particolarmente azzardato. L'efficacia poetica appare evidente, l'intento creativo decisamente riuscito. Pace è degna conclusione di un disco straordinariamente originale e profondamente intimista.
 

Per effetto anche delle prenotazioni a scatola chiusa degli "affezionati", già il primo giorno il nuovo lavoro conta 200.000 copie vendute che divengono 350.000 alla fine della prima settimana e 450.000 dopo quindici giorni. Per cinque settimane Oltre è il primo ellepì nelle classifiche di vendita. A lungo andare però, il disco non raggiunge le cifre dei precedenti, tanto che alcuni parlano addirittura e a sproposito, considerati i numeri comunque raggiunti, di "delusione discografica". Certamente anche la critica contribuisce a questa difficoltosa affermazione commerciale: essa assume in principio, e tranne rare eccezioni, posizioni negative verso "l'ultimo Baglioni" che definisce lapidariamente troppo velleitario, ermetico e ridondante di autobiografismo.
In realtà la successiva evoluzione dei fatti dimostrerà quanto fosse poco approfondito il giudizio di molti: come già detto, infatti, Oltre è lavoro che richiede tempo per essere assimilato pienamente; si può spiegare così l'improvvisa e incessante ripresa di vendite conseguite dal disco a vari mesi di distanza dalla data di uscita, tanto che esso conta oggi più di 800.000 copie vendute; similmente anche le recensioni dei giornalisti, specializzati e non, rivalutano l'opera di sopraffina ricerca musicale e filosofica realizzata dal cantautore.

Dopo aver soddisfatto le varie campagne promozionali necessarie a pubblicizzare il nuovo lavoro, Baglioni sembra improvvisamente scomparire ancora dalla scena. In realtà, tra il gennaio e il febbraio '91, stuzzicato dalla volontà di riprendere a suonare "a braccio" e in maniera meno rituale di quanto gli sia consentito di fare usualmente, egli sceglie di compiere veri e propri "blitz" in alcune fra le più celebrate discoteche della penisola. Senza impegni di calendario, accompagnato dalla solita band, e con la rigorosa promessa strappata agli organizzatori di non concedere neppure la minima pubblicità all'evento, Baglioni compare come un fantasma agli attoniti frequentatori di alcuni locali storici come il Kiwi di Piumazzo, il Baccarà di Lugo, la Bussola di Viareggio e molti altri. Nel mezzo della serata egli intrattiene con alcune delle sue canzoni vecchie e nuove per la durata di un paio d'ore scarse; dopodiché si eclissa e lascia nuovamente spazio al programma musicale standard.

Sollecitato dall'esito positivo dell'esperienza che gli regala apprezzamenti anche da un pubblico diverso dal suo, il successivo 16 marzo attraversa vari quartieri romani cantando a bordo di un camion scoperto. La partenza, manco a dirlo, avviene da Centocelle, il sobborgo da cui era iniziata anche la sua carriera di cantante e scatena entusiasmi per ogni dove, tanto da mettere persino in subbuglio l'ordine pubblico.

Confortato dell'onda crescente in termini di popolarità e appagato il suo nuovo bisogno di avvicinamento alla gente comune, Claudio opta, all'inizio dell'estate 1991, per il lancio di Oltre su alcuni mercati esteri di Europa, Giappone e America Latina.

Sensibile alle nuove esigenze di comunicazione, si adopera anche per girare un video clip che si incentra sulla canzone di apertura dell'ultimo album: Dagli il via.

Ma è il 3 luglio successivo che il cantautore riscuote il tributo clamoroso di una semina tanto elaborata quanto sofferta e spazza ogni residua incertezza: a Roma, stadio Flaminio, Claudio realizza una performance straordinaria con l'esibizione dal vivo dello spettacolo Oltre. In tre ore di canzoni, Claudio ripercorre tutta la sua carriera soffermandosi in modo particolare sui brani dell'ultima produzione. La particolarità del concerto è il palco centrale che si presta a notevoli difficoltà tecniche e strutturali. Tuttavia l'interpretazione e la voglia di stupire di Claudio superano brillantemente le difficoltà e sono ingredienti principali della magistrale riuscita dello show. Ad accompagnarlo, sulla piattaforma del palco, i suoi musicisti di lungo corso, Walter Savelli alle tastiere, Maurizio Galli al basso, Paolo Gianolio alle chitarre e Beppe Gemelli alla batteria, a cui si aggiungono stavolta anche le coriste Antonella Pepe e Giulietta Zanardi, già affiatate al resto della squadra.
La produzione del concerto è del navigato impresario David Zard, capace di realizzare eventi musicali grandiosi.
Il riscontro del pubblico è, ancora una volta, strepitoso: sono più di quarantamila le presenze allo stadio, quante l'impianto ne può effettivamente contenere. Molte di più sono, invece, quelle davanti al video di Raiuno, ancora disposta a concedere spazio a Baglioni: si parla di qualcosa come sette milioni di spettatori e di uno share del 25%: cifre davvero rilevanti per uno spettacolo di musica.
Visto il tracimante entusiasmo, la troupe organizzativa decide di replicare, il 5 luglio, bissando inesorabilmente il trionfo di due giorni prima.

Quello che si presenta alle seguenti trasmissioni televisive che tornano a contenderselo (Sorrisi 40 anni di musica italiana presentata da Gianni Morandi e nella quale Claudio compie, tra l'altro, piacevolissime evoluzioni canore con lo stesso Morandi, con Gino Paoli, Guccini, Jannacci; Domenica in presentata invece dall'onnipresente Pippo Baudo e altre ancora) è un Baglioni molto più rilassato e tranquillo di quello visto prima dell'uscita di Oltre. Forse rinfrancato dal recente successo, pare più disposto a rivestire il ruolo di personaggio pubblico e a proporsi in maniera meno celebrativa.

Alla fine dell'anno viene pubblicata la videocassetta Oltre una bellissima notte, che riporta fedelmente e integralmente il concerto tenuto al Flaminio il precedente 3 luglio.

Il 28 gennaio '92 parte invece, da Firenze, un tour destinato a toccare i vari palasport italiani: l'idea originale era in effetti quella di girare la penisola con una tensostruttura, ma i costi e le difficoltà di concretizzare effettivamente il progetto consigliano alla produzione di accantonare l'idea primigenia.
La realizzazione dei concerti è simile, seppur limitata nelle proporzioni, a quella dei due spettacoli estivi di Roma: il palco rimane centrale e il gruppo di accompagnamento è sempre il medesimo.
Uguale è anche il trionfo che, data dopo data, gli astanti convenuti concedono al loro beniamino, riempiendo d'entusiasmo e calore ogni palasport: Oltre il concerto soddisfa anche la critica e viene premiato con il Grammy europeo per l'Italia quale miglior tour del nostro paese.
A compendio di questi concerti invernali esce, il 15 luglio, Assieme oltre il concerto, adeguata sintesi di alcune delle canzoni più significative dello show.
Nel frattempo però, Claudio non si ferma, deciso a realizzare una continuazione estiva dei concerti appena conclusisi nei palasport: domenica 19 luglio 1992, lo Stadio di Alba Adriatica è pronto per il battesimo della seconda parte del tour, Ancorassieme sotto un cielo mago. Il nuovo spettacolo risulta lievemente modificato rispetto agli show invernali e dispone di un suggestivo elevamento scenografico in più, un cielo notturno corredato di luna e stelle; esso si avvale inoltre di un palco insieme essenziale e avveniristico sormontato da una copertura che ospita l'impianto d'illuminazione con 386 punti luce e quello sonoro con 72 diffusori appesi al tetto e 24 alla base dei quattro tralicci di 10 metri che sostengono la volta; il tutto per 70 mila watt di potenza!
Tuttavia, a un paio d'ore dall'inizio, di fronte a numerosissime persone già stipate su prato e spalti, il cantautore annuncia che il concerto non sarà tenuto: poco prima infatti, in una secondaria strada di Palermo prospiciente la sua abitazione era stato barbaramente trucidato dalla mafia, assieme agli uomini della sua scorta, il magistrato Paolo Borsellino. La gente convenuta comprende la gravità dell'evento e condivide la decisione dell'artista di astenersi, per quella sera, dall'esibizione. Claudio, il suo staff e il suo pubblico dimostrano piena maturità: una serata festosa e gioiosa non avrebbe infatti avuto, a quel punto, alcun senso di essere. L'appuntamento d'esordio è quindi rinviato senza appello a due giorni dopo.
Dopo lo sfortunato inizio, tuttavia, il tour di Baglioni prosegue riscuotendo un trionfale successo: passando per molte delle località di villeggiatura più note, esso richiama migliaia di spettatori e accavalla date a date, sino a ottobre inoltrato. Un altro episodio increscioso però, accaduto a metà tournée, interviene a modificare lo spettacolo nella sostanza: durante l'allestimento del palco viene a crollare una struttura a causa del maltempo, provocando addirittura la morte di un addetto al montaggio delle impalcature. Nonostante lo scoramento intervenuto in tutta la composizione della squadra, viene ugualmente deciso di proseguire lo show che tuttavia comporterà la revisione, nonché la cancellazione, di alcune scene e scenografie.
Nel novembre successivo esce il CD Ancorassieme, resoconto del tour estivo e ideale continuazione "live" di Assieme oltre il concerto.

La pubblicazione di detto disco coincide anche con l'atto finale del capitolo Oltre. Dopo più di due anni di permanenza quasi ininterrotta di Claudio sulla ribalta discografica, anche i fan comprendono che è ormai prossimo l'inevitabile e consueto distacco dalle scene pubbliche seguito a quasi tutti i periodi intensi: infatti, anche questa volta, Baglioni staccherà la spina completamente e per il solito, lunghissimo periodo.