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Rassegna stampa - martedì 6 ottobre 1998 ultimo aggiornamento: 18 dicembre 2001

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Pubblicato su La Gazzetta dello Sport, TV e spettacoli - 06/10/1998
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Faccia a faccia con il popolare conduttore di «Quelli che il calcio»
Fazio, il fascino discreto dell'ironia
«Bisio mi imita: è una scusa per avere più capelli» «Tifo Samp, ma da piccolo sognavo di passare un giorno con Mazzola». «Ero un bambino noioso». «Abolirei la frammentazione del campionato». Il suo programma va oltre i 5 milioni di ascolto

di Gabriella Mancini

Versatile, riflessivo, estroverso, Fabio Fazio da sei anni ci fa compagnia la domenica pomeriggio con «Quelli che il calcio». Un salotto sereno, ironico e goliardico che ha rivoluzionato il commento del calcio in televisione. «Sei anni in Tv - esordisce il conduttore - sono tanti. Sì, mi sento diverso. Prima ero ragazzo, ero single, ero su un'altra rete, il nostro obiettivo era il 9% di share. Adesso è un'altra cosa: sono cresciuto, il programma ha assunto la dimensione di un grande gioco, in più viaggia su una base del 35%».

E anche quest'anno il programma ha ingranato la marcia giusta: domenica scorsa ha coinvolto 5.091.000 telespettatori (34,46%) su Rai 2 contro i 4.061.000 (26,18%) della prima parte di «Domenica In» su Rai 1 e i 3.072.000 (19,70%) di «Buona domenica» su Canale 5.

- Che ne dice di questa partenza?

«L'arrivo di Cesare Maldini è stato clamoroso, sono molto grato a Teo per la sua disponibilità e la sua genialità: l'invenzione di Teocoli è più di un'imitazione, è il Maldini vero, porta simpatia. Un altro aspetto che mi fa piacere, lo dico immodestamente, è il nostro contributo a rendere lo stadio meno pericoloso. Noi ci mandiamo Orietta Berti, la signora D'Epiro, lo stadio diventa per famiglie. Sono molto contento di questa funzione di "Quelli che il calcio"».

- C'è qualcosa che vorrebbe cambiare?

«Trovo assurda la frammentazione del campionato. I prodotti non sono tutti uguali, il pallone è intriso di passione e ha regole ferree, una di queste è la contestualità delle partite nell'unità di tempo. E' un valore. So di essere sospetto, è chiaro che il programma vive sulle partite, ma questa divisione nel tempo può allontanare il pubblico. Io dico: va bene la pay-Tv, ma facciamoli giocare tutti in contemporanea».

- Claudio Bisio la imita a «Mai dire gol». L'ha visto?

«Sì, è stata un'emozione: per me perché è simbolo di popolarità, per lui perché non ha mai avuto tanti capelli. A Bisio voglio bene. Se Baglioni è "Claudione" lui è "Claudietto"»:

- Per prenderla in giro sugli anni che furono, Bisio ha persino tirato fuori il "phon di Rintintin". Lei ha un oggetto della sua infanzia al quale è rimasto particolarmente affezionato?

«Sono possessivo, rimpiango tutto. Certo che il modellino che avevo da piccolo dell'Apollo 11 mi è rimasto nel cuore: purtroppo da grande l'ho buttato via, come ho venduto i "Topolini" e i fumetti di "Tex Willer". E' proprio vero: da grandi si diventa stupidi».

- Com'è nata l'amicizia con Baglioni?.

«Per caso. Io volevo fare uno speciale su di lui, poi è nata "Anima mia". La nostra è un'amicizia vera. E presto torneremo con un nuovo programma».

- Poi avrà in mano il Festival di Sanremo. Ha in mente anche qualche ospite sportivo?

«Tutto è possibile. Certamente sarà sportivo il mio modo di condurlo».

- Lei ha scritto un libro sui luoghi comuni. Quali sono quelli del calcio che la fanno più sorridere?

«Ha vinto il bel gioco. Si vince in 11 e si perde in 11. E' il mister che deve decidere».

- La sua Samp si è ripresa dopo la batosta di Cagliari.

«Meno male. Quel 5-0, comunque, l'ho preso con filosofia. Come dice Boskov, meglio perdere una volta 5-0 che cinque volte 1-0».

- Da piccolo aveva un idolo nel calcio?

«Sandro Mazzola, perché avevo cugini interisti. Compravo certe brioche solo perché c'era la possibilità di vincere una giornata con lui. Non ci sono mai riuscito».

- E Fabio Fazio da bambino com'era? Allegrotto?

«No, ero un bambino noioso, triste, ordinato».

- Però.

«Non è che improvvisamente sono diventato pazzo, ma avevo tante cose da dire e stavo zitto. Ascoltavo, osservavo, poi mi sono liberato».

segnalato da Cecilia Lombardino

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