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del 06/11/99

Il Messaggero
Fazio e Baglioni bis,
Anima mia nello spazio


di Marco Molendini

MILANO - L’astronave va. Fazio e Baglioni prendono il largo e il loro Ultimo valzer (nel senso, forse, che non intendono riprovarci più insieme) ha la velleità di non farsi ingoiare dalla televisione della mediocrità. Hanno puntato alto e, se è andata male la carta Berlusconi, restano le ambizioni, a cominciare da uno studio stratosferico. Un laboratorio arcaico futuristico, firmato da Gae Aulenti, che è il centro attorno al quale ruota il programma. E’ uno spettacolo semplice e velleitario, minimalista e megalomane, che vive sui contrasti: due frati amanuensi (Beauvard e Pecuchet, come i personaggi di Flaubert) e il computer umano Mal 9000, capsule spaziali e lampadari alla Titanic, navi e astronavi, una stiva fatta di specchi e un antico librone dei ricordi, Baglioni e i Pooh, la principessa Moira Orfei e la supergirl, generosamente scoperta in formato calendario, Alessia Marcuzzi, perfino le sovrascritte in italiano e in una lingua misteriosa.
Alla fine, L’ultimo valzer fa l’effetto di un calmante dei postumi delle sbornie di fiction, delle lacrime del sabato sera, degli scherzi a parte. Vero, a volte la costruzione si fa farraginosa e la chiacchiera si inceppa (specie al tavolone di comando: meno male che c’è Teocoli). Fazio fa sempre il Fazio, con il suo corredo di stuporini e gridolini e l’aria da scopritore dell’acqua calda. Baglioni fa il cantante, ma ha l’indubbio merito (lui, sempre accusato di essere ingessato) di offrirsi senza schermature e di stare al gioco del comandante Fabio (vestito, per l’occasione, alla Star Trek). Certo, si è sentita la mancanza del colpo a sorpresa berlusconiano. E, appare difficile pensare a ripescaggi. Le particolari condizioni in cui era maturato l’incontro sembrano essersi dissolte: il leader di Forza Italia ha mostrato di essere pentito di aver pensato a una sua esibizione come chansonnier. Ha spiegato che lui sarebbe andato da Fazio solo per parlare o, al massimo, per canticchiare sussurrando. Invece, qualche giorno fa in studio, è stata segretamente registrata una prova di quello che Berlusconi avrebbe dovuto fare, cioè cantare la celebre Que reste-t-il de nos amours. E ieri sera, Fabio non ha dimenticato di ricambiare, imitando Biagi che intervistava Baglioni: "Se continuiamo di questo passo finisce che Berlusconi viene qui a cantare. Ha fatto anche le prove e io le ho sentite".
Il catalogo delle defezioni (oltre Berlusconi, a cui si aggiungerà D’Alema, Paolo Villaggio che forse recupererà, e la sbandierata biondezza di Sharon Stone, generosamente sostituita dalla Marcuzzi), ha spostato massicciamente il peso del programma sugli abbonati di Fabio, il sempre divertente Teo Teocoli (che ha riesumato la maschera di Felice Caccamo), l’allenatore Boskov, Riondino, Labranca, e sulle invenzioni degli autori. A cominciare dal giochino delle cose da catalogare e portare nel prossimo secolo: la tv, la plastica, la nutella, ma era un messaggio promozionale, le lampade di Artemide. Più le scelte degli ospiti. Venditti ha puntato sul suo cappello, Dolce e Gabbana sul cornetto portafortuna. Lo scrittore Andrea De Carlo sulla macchina da scrivere. Teocoli-Caccamo sulla pizza. Divertente, ma non ha dato esiti trascinanti, l’invito ai telespettatori di inviare fax sulle "cose che non vogliono assolutamente vedere nel prossimo secolo" (il primo voto è andato ai videogiochi).
L’ultimo valzer, però, non riesce a sottrarsi del tutto al peccato originale, al fatto di nascere da una costola di Anima mia: è sempre il filo della nostalgia la linfa vitale, con lo svantaggio che stavolta si deve viaggiare nello spazio di un intero secolo e non di un decennio. Ma sono presenti, anche, le tracce di altri spettacoli di Fazio, i meccanismi di Quelli del calcio, alcuni spunti ereditati da Serenate. Un minestrone che va ancora asciugato, con l’aggiunta, non indifferente, di un infaticabile Baglioni che ha sublimato paure e titubanze cantando i suoi pezzi (dalla nuovissima Cuore di aliante a Mille giorni di te e di me, con balletto, come nei veri varietà) e offrendosi a una lunga serie di ospiti. Il concittadino e collega Antonello Venditti, con il quale ha finalmente prodotto un riuscitissimo duetto in Sotto il segno dei pesci. Poi, l’ex ricciolone Michael Bolton, una sorta di Sansone della canzone che, da quando ha perso i riccioli, non riesce più a stupire con la sua voce: ha diviso con Claudio un vecchio e bel successo degli anni passati, A whiter shade of pale (ricordate i Procol Harum?). Quindi Samuele Bersani (anche con lui duetto, in Vecchi), fino all’imprevisto arrivo finale dei Pooh, che hanno rievocato con l’aiuto di Claudio e di Teo Teocoli (scatenato anche a ballare) la beatlesiana Get back. La prima tappa del viaggio si è chiusa dopo due ore e mezza abbondanti: non sono troppe?



Articolo segnalato da Caterina.