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del 30/10/99

La Stampa
Baglioni: ho messo in musica le mie domande sul futuro


ROMA IL Divo Claudio ascolta con noi per la prima volta l'intero suo nuovo e ambiziosissimo disco, «Viaggiatore sulla coda del tempo», e prende appunti.
L'album uscirà il 12 novembre, gl'impegni che lo aspettano sono implacabili; però la promozione viene facile, quasi da sola e soprattutto con una sinergia imbattibile: è la citazione di un suo verso il titolo dello show «L'ultimo valzer», che debutterà sabato prossimo 5 novembre su Raidue, in una staffetta fra reti che ricollega direttamente Fabio Fazio e lo stesso Claudione al trionfo celentanesco. Primi ospiti assicurati, Antonello Venditti e Michael Bolton (mentre il nome di Sharon Stone, confessa Baglioni: «Mi sembra soprattutto una notizia sparata per far scena»).
Prima delle prove tv negli studi milanesi, c'è una di quelle sfide che il musicista adora: un tour aereo con 4 concertini nella sola giornata di oggi, nei quattro aeroporti di Firenze, Milano, Napoli e Catania. Le nuove canzoni in 4 hangar che rappresentano luoghi topici dell'album; album assai lungo, monotematico, ultimo della trilogia iniziata con «Oltre», prodotto dal Divino con Rustici e Gianoglio, con la Philharmonic Orchestra di Londra e quella di Los Angeles, fra archi e jungle stornellato. Ma poiché lo abbiamo ascoltato una sola volta e lui ci ha messo 2 anni a farlo, passiamo la parola a Baglioni: tutto in nero, i corti capelli sale e pepe, un fisico da palestra.
Un tempo lei scriveva «Quella sua maglietta fina» oppure «Strada Facendo vedrai/ Che non sei più da solo». Nel nuovo lavoro ci sono frasi come «E in un conforto di oasi/ Vivo io stasi ed estasi», e addirittura citazioni filosofiche come «E' fiume e oceano e non c'è no fiume/ che due volte sia capace/ di bagnarmi e darmi pace».
Perché?
«E' un disco complesso ma non complicato, Per quelli afflitti da una certa stitichezza discografica come me, che esco ogni 5 anni, il problema è che quando arrivi devi dare. Così, ho fatto un album robusto, pieno di citazioni e sollecitazioni; ho cercato di scrivere melodie quasi disegnate, e di lavorare in modo orizzontale invece che tradizionale, fra orchestre e tastiere, rumori reali e strumenti veri.
Quando scrivo, prima di tutto cerco di finire, poi bado al suono complessivo di parole e musica. Questa volta, penso di esser stato più chiaro del solito, e di essermi occupato di tematiche universali; la storia che non sai quando finisci la tua esistenza non va mica bene: dovrebbero mettere anche a noi la scadenza, come ai prodotti» L'ultima canzone s'intitola «A Cla'». Autodedica?
«Mi sono preso un lusso per finire questo decennio, sempre per bisogno di uno stupore bambinesco. Per andar dietro a un palloncino che sfugge, sperando che gli artisti non invecchino mai».
Il disco è sulle cose da salvare; il tv-show con Fazio è sulle cose da salvare. E' nato prima l'album o il programma tv?
«Lavoro alle canzoni da 2 anni. Il programma, purtroppo per me, è parola data a Fazio: un errore dietro l'angolo, perché non bisogna mai rifare una cosa che era stata fatta bene, come "Anima Mia". E poi: prima si peccava di snobberia, oggi piuttosto che andare 20 volte al Festivalbar è meglio avere una propria trasmissione. Prima si diceva che la musica non si poteva fare in tv; oggi, la mia paura è solo di non riempire il vuoto tv».
Avrà da lavorare molto?
«Debbo imparare ogni volta in quattro giorni 10 canzoni di altri: e siccome sono anche presuntuoso, gliele voglio cambiare un po'. A Venditti poi, le metterò quattro toni sopra...».
La sigla?
«Sto lavorando a una versione corta di "Caravan", dal quale è stato tratto il titolo».
Il suo ruolo in tv?
«Non farò più di tanto, non riesco ad entrare in certe meccaniche.
Cercherò di spiegare questo mio progetto e poi suonerò con altri; chiederò agli ospiti di cantare le loro canzoni, Niente di terzi, però: sennò spunta il coro da osteria».
Fazio rinnoverà il suo destino sanremese? Lei lo seguirà?
«Fazio dice sempre di no, ma al 99 per cento ci andrà. Di me, non so. Questo è il Sanremo n°50, da figlio di maresciallo gli anniversari mi spaventano. E poi, non saprei che fare: due anni fa avevamo proposto alcune rassegne legate al Festival e di abbattere le barriere fra le proposte musicali. Pensavo a Sanremo come a un'espressione multipla della creatività, in realtà ci sono troppi interessi: ci vorrebbe un dittatore, che prima o poi magari arriverà».
Non le piacerebbe un bello spazio come quelli di Fossati o Battiato l'anno scorso?
«Sì, ma ho la sensazione di provocare dissonanza nell'ambiente.
Come avere una corsia preferenziale. Mi ero spinto a dire che bisognerebbe andare in gara: bella, ineliminabile».



Articolo segnalato da Manlio.