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del 18/01/96

Panorama
Baglioni si racconta: la tournée, la carriera, la politica
Claudio ex machina
In mezzo al pubblico, su un tapis roulant, circondato da sedici ballerini. Per trasformare il concerto in grande show. E far dimenticare "Quella sua maglietta fina...".

di Stefania Berbenni

Camminano, si sbracciano, alzano le mani, impugnano il microfono gli otto Baglioni proiettati nel vuoto dalle potenti luci di scena. Quello vero, l'originale in carne e ossa, sta invece sopra un tapis roulant che, come i suoi vestiti, è nero. E, come la sua carriera, è in movimento. Ai quattro angoli, altrettante pedane ospitano gli otto musicisti. Sospesa nel vuoto, una gigantesca tecnostruttura con luci e casse acustiche sovrasta l'inusuale scenografia. Il tutto piazzato al centro dell'immaginaria platea, ombelico di uno spettacolo che si annuncia una via di mezzo fra un concerto tradizionale e un musical, con tanto di "performer" (16) pronti a ballare, mimare, cantare.
Sopra il nastro trasportatore eletto a palcoscenico, Claudio Baglioni sta provando i brani del nuovo tour che dal 23 gennaio al 22 marzo gli farà incontrare il popolo dei Baglioni­dipendenti, quella moltitudine di fan delle più disparate età e dall'imprecisata identità cultural-politica, fedele a lui come a nessuno. L'ultimo album, Io sono qui, uscito a fine settembre, dopo cinque anni di silenzio e ripetuti rimandi, ha già venduto 600 mila copie, di cui 300 mila nelle prime settimane: cifra che neppure i big d'oltreoceano possono esibire. La vendita accelerata di biglietti della prossima tournée, con il proliferare di date per far fronte alle richieste, chiude la bocca a chi fa fatica a riconoscere al cantautore romano un posto in prima fila nel panorama musicale italiano.
Di vessilli politici o slogan impegnati Baglioni non ha mai fatto uso: si è limitato a raccontare amori liceali, batticuori e storie di quotidianità giovanile fin dagli esordi (è del '72 la consacrazione a divo con Piccolo grande amore). "A me i sentimenti piacciono. Perciò li canto. Magari fossimo più sentimentali e meno falsamente romantici! Cantare l'amore è, da parte mia, un atto privato in luogo pubblico. Perché mi è difficile dare una carezza, manifestare con i gesti i miei sentimenti. La musica mi aiuta".
Fra gli otto Baglioni-ombra dello spettacolo, uno è certo quello osteggiato dalla sinistra, sistematicamente etichettato come qualunquista. Racconta ora il cantautore romano: "Per cinque o sei mesi non furono trasmesse le mie canzoni per radio. Successe nel '74, dopo che il mio nome era apparso, senza che lo sapessi, su un manifesto antidivorzista. Fu il black-out. Era un modo veramente fascista di concepire la vita. E la musica. Ammettiamolo: la nostra sinistra colpe grandi ne ha, si è comportata in maniera molto reazionaria. Allora non ebbi voglia di chiarire. C'ero rimasto male, troppo male".
Soprattutto perché il cuore di Baglioni, oltre che per la ragazza di Piccolo grande amore, batteva proprio per gli ideali di sinistra. Non lo disse allora, lo ammette oggi. E "democratico" e anche l'impianto del nuovo spettacolo. Direttamente dalla bocca di Baglioni: "Con il palcoscenico al centro perdo tanti posti di platea ma sto più vicino al pubblico. Non è facile stare lì nel mezzo, con tutti quegli occhi puntati addosso, li senti sui gomiti, sui talloni, sul sedere. Non hai nulla che ti ripari. Però mi sembrava giusto immergermi fra questa gente che esce di casa, paga un biglietto, decide di ascoltarti. Non è poco". In cambio Baglioni promette tre ore di musica, una trentina di brani molti dei quali tratti da Io sono qui, la sensazione per ogni spettatore di far parte di ciò che sta avvenendo: "Col tapis roulant in mezzo, ognuno è scenografia per il suo dirimpettaio".
Anche l'esperienza di settembre, con un camion giallo in giro per l'Italia improvvisando concerti gratuiti (persino nell'area di servizio di un autogrill e nella piana di Castelluccio di Norcia), spiazza chi è solito liquidare Baglioni solo come il cantautore nazionalsentimentale. "Lo so che Prodi va in giro in pullman. E già mi aspettavo l'accusa di fare un'operazione furba. Me ne sono fregato, avevo voglia di rincontrare il pubblico e sono partito" dice.
L'ultimo album è molto lontano dallo stereotipo del Baglioni facile, che piace alle masse: sofisticato, raffinato negli arrangiamenti musicali come nei testi, Io sono qui ha per la prima volta messo d'accordo la critica musicale, di destra come di sinistra. Unanime il giudizio: buono. Niente ritornelli orecchiabili, nessuna concessione a frasi da baci Perugina. Eppure, è grande successo. Allora come far quadrare il cerchio, come mettere insieme i tanti Baglioni­ombra, quello sclerotizzato nell'etichetta di qualunquista, l'imperatore Claudio adorato dal pubblico, la gallina dalle uova d'oro per la casa discografica, il musicista sottovalutato che viene invece scoperto talentoso e via cantando? "Sono trasversale. Sono salito su treni diversi che neppure io sapevo dove mi avrebbero portato. Ho percorso tante strade musicali. E non ho mai preso in giro nessuno" è la spiegazione dell'artista romano.
Si rassegnino gli insofferenti al successo di Baglioni: "Trecentoventimila e forse più saranno gli spettatori del tour" prevede Roberto De Luca di Milano Concerti, l'organizzatore. E Andrea Papalia, manager della Sony, l'etichetta che pubblica i dischi dell'artista: "Ci aspettiamo un'ulteriore impennata delle vendite grazie alla tournée. Capita sempre, in più Baglioni è un artista speciale perché i suoi cd hanno lunga vita, non si bruciano nell'immediato. Continuano a essere comprati".
Giallo il colore del camion ("La ripresa, il sole, la nuova vita"), rosso quello dei prossimi concerti: "E il colore del sipario, delle poltrone del teatro. È sensuale come questo spettacolo fatto di musica ma anche di corpi in movimento, passioni. Parlerà anche agli occhi".
Dopo il tour, seguendo la falsariga del disco che in copertina ha anche il blu, verrà il momento dedicato al terzo colore del nuovo Baglioni. Che spiega:
"Blu è un colore freddo, da realtà virtuale. Sto pensando a uno spettacolo ancora più grande, interattivo, dove il pubblico sia veramente coinvolto. Vorrei partire da un punto senza sapere dove andare, ho pensato di creare tre o quattro repertori con diversi finali. Gli spettatori avranno modo di scegliere".
E se le richieste cadessero sul solito Piccolo grande amore, da più di vent'anni la gabbia dorata di re Claudio? "Rinnegarla sarebbe un atto di ingratitudine incredibile. Però, senza ipocrisie, ho anche sofferto di quell'immenso successo. Quanto ci vorrà per non collegare più, automaticamente, il mio nome a “Quella sua maglietta fina…”?".
L'ultimo disco sta già facendo molto. Il resto, spetta al tour.

Articolo segnalato da Enrico.