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del 17/02/84

Il Messaggero
E allora Dio salvi Sanremo

di Claudio Baglioni

C'è un mio zio di Allerona che mi chiede e si chiede ogni tanto perché mai non partecipi anch'io a Castrocaro. A quel festival di voci nuove e di belle speranze. Questo, dopo 16 anni di dischi e canzoni e di sette milioni di album venduti. E mi guarda con l'occhio pietoso e dolente sperando che, un giorno, un politico o un “santo" mi possa chissà favorire. Mio zio è cittadino italiano di questa Italia pubblica sfondata sui festival e gare canore.
E pensare che poi le ho anche fatte quand'ero agli inizi. Ultimissimo una volta a Venezia per una gondola tutta d'argento e altrettanto giù a Bari per una caravella dei successi e non so più qual era il metallo. E poi “ludi canori”, “sconosciuti” di Ariccia, “incompresi" di Albano, “ci sai fare davvero?”, “è arrivato il momento!”. Una casa romana di dischi mi fece stravincere un certo concorso senza che io ci fossi mai andato. Ma doveva lanciarmi. Vinsi pure un microfono d'oro nella festa di un santo patrono, quello di Centocelle. San Felice da Cantalice, santo ch'era ed è ancora
assai meno affermato del collega San Remo.
Ecco, questo Sanremo, il festival dico, è un po' come qualcosa che mi siede vicino e mi accompagna, nel bene e nel male, da sempre. Da bambino aspettavo canzoni e cantanti e il maestro che cambia e dirige in bianco e nero, da ragazzo compravo i suoi dischi e i giornali con i “dicono che....”, da cantante ho rischiato di andarci e una volta in Polonia mi ci chiamarono il gruppo: Claudio Baglioni e il Sanremo Six. Adesso che sono più grande e - tenterei - un po’ più cinico (non Angelini), mi piace parlarne, sparlarne e spesso insieme scherzarci (l'ultima volta in quindici e senza limiti a niente).
Ma lasciamo, vi prego, a mio zio quel consiglio da darmi, ai giornali di scrivere, anche quelli che in genere non scrivono mai una riga di musica, alle case di dischi di chiedersi se era il caso di andare e sprecare quei soldi che restano a mandare cantanti e inventargli anche il look (che parola drammatica), alla televisione la maniera sicura per raddrizzare il suo indice ed a me l'occasione per sentire mio zio. Che Dio salvi Sanremo e ci salvi i suoi fiori. Purché non si arrivi alla frutta e perché, come dice mio zio, “la vita é assai dura senza la verdura."

Articolo segnalato da Cristiana.