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del 01/08/82

Tutto
Dare e avere nel libro della vita

di Fausto Pirito


Claudio è impegnato in una maxi-tournée che rappresenta una sorta di bilancio della carriera. Oggi, il cantautore ha scoperto l'importanza del contatto diretto col pubblico in uno scambio e vitale di esperienze. Ma la "voglia di fare" gli viene anche dalla nascita del figlio Giovanni al quale ha dedicato la canzone: "Avrai".


Un giorno, qualche ora prima che iniziasse il concerto di Baglioni, due intraprendenti ragazzine, innamorate del cantante romano e delle sue dolci melodie, erano riuscite a eludere la sorveglianza dei "guardiani" e a nascondersi nella toilette. Volevano spiare il loro idolo quando fosse venuto in teatro, come al solito per un sopralluogo prima dello spettacolo. Purtroppo, però, avevano scelto un rifugio sbagliato. Infatti, quei locali vennero chiusi a chiave dagli ignari inservienti e le ragazzine rischiarono di perdere non solo il dietro le quinte, ma anche il concerto. Per caso qualcuno poté liberarle e, senza clamore, le due furono accompagnate in sala dove ormai i posti migliori erano stati occupati da centinaia e centinaia di coetanei.
Da questo episodio, qualcuno aveva pensato di ricavare un film. La sceneggiatura venne proposta a Claudio, il quale, sebbene divertito, non dette seguito alla cosa.
L'aneddoto descrive bene l'atmosfera che si respira durante uno dei 40 e più concerti in cui è impegnato Baglioni: il primo vero tour in 14 anni di attività. Cambia solo lo scenario: al posto dei teatri e dei palasport, Claudio ha scelto per le esibizioni gli spazi aperti degli stadi.
In uno di questi, a Firenze, ragazzine innamorate di lui ne abbiamo viste a migliaia. E con loro, tanti amici più o meno giovani, tutti a sottolineare con cori e applausi a scena aperta, un successo che Claudio ha costruito anno dopo anno, canzone dopo canzone. A ciò si è aggiunta, recentemente, una grande gioia privata: Claudio è diventato padre di un bimbo, Giovanni. E a lui ha dedicato l'ultima canzone: "Avrai". Si tratta di un 45 giri diverso dai soliti, sia per la circostanza che lo ha ispirato, sia per la struttura. L'altra facciata del disco infatti, offre, oltre alla versione strumentale del brano, anche “Una casa nuova”, uno di quegli inserti per voce e chitarra che legava in “Strada facendo” una canzone all'altra.
Ed ecco quattro chiacchiere in scioltezza con un personaggio che molti ci avevano descritto chiuso, avaro di parole e poco disposto a scoprire le proprie carte.

Claudio, è la prima volta che ti impegni in una maratona canore, che ti porta a scoprire il tuo pubblico da Torino a Palermo. Da che dipende questa grande “Voglia di fare”?
"Anzitutto da un fatto oggettivo: considero l'attuale maxi-tournée come una prosecuzione di quella che già nel dicembre dell'81 mi ha dato grosse soddisfazioni. Solo allora ho apprezzato in pieno la bellezza del contatto con la gente. Gente che mi ha dimostrato tanto affetto e mi ha aiutato a capire l'aspetto magico della dimensione concerto. Finalmente sono riuscito ad abbattere quel muro che c'è sempre stato fra me e il pubblico. E' come se avessi attraversato un fiume che mi separava da chi mi ascolta. Con questa operazione cerco di smitizzare la figura dell'artista inavvicinabile, quasi “marzianoide”. Ma la scelta di tale impegno che, non lo nego, mi fa un po' paura per la fatica fisica che richiede, deriva anche da una sorta di bilancio della mia carriera. Per carattere, io passo da momenti di stasi completa a momenti, appunto, di voglia di fare; questo è un periodo in cui ho bisogno di muovermi, di guardarmi intorno".
Ma non sei stato un po' costretto a "scendere in campo" dalla frenetica attività estiva di molti tuoi colleghi cantautori, come in una gara?
"Se lo spirito della “gara” è quello di una sana competizione, ben vengano occasioni di confronto. D'altra parte, l'estate non è solamente mia".
Nella canzone "Avrai", parli di una tua "triste speranza". Che cosa si nasconde dietro queste due affascinanti parole?
"La malinconia. Una malinconia agrodolce, un guardare al futuro con benevolenza, senza falsi trionfalismi o eccessivi pessimismi. La mia non è la speranza di quelli che hanno capito tutto. E' una speranza diversa, in sostanza, da quella che proclamavano i ragazzi americani di "We shall overcome". E' una speranza più intima, tenue, senza acuti né bassi, che ti spinge a mettercela tutta perché qualcosa cambi e ti aiuta a renderti conto che chi ti sta vicino, in fondo, è migliore di quanto pensavi".
Nel brano, c'è anche un omaggio ai tuoi pastori tedeschi Minnie e Mathias: "…avrai carezze per parlare con i cani". Che rapporto hai con gli animali, con la natura?
"E' un rapporto ricco di sorprese, di linguaggi difficili da tradurre con le parole del nostro vocabolario, spesso truffaldine. Con le mani, gli odori, gli occhi, a volte ci si spiega meglio, si è più leali. Per me, poi, la confidenza con i cani e con la natura significa anche uno spazio creativo. Molte canzoni le ho scritte portando a spasso i miei due amici. Per esempio, "I vecchi" è un pezzo nato proprio per la strada, bighellonando con Minnie e Mathias, incontrando i pensionati che camminano con passo incerto e trascorrono ore e ore seduti su una panchina. E queste cose le ho vissute proprio per merito dei miei cani, che mi costringono a scendere per strada. Per questo mi piace dire che Minnie e Mathias sono "coautori" dei miei lavori".
Da anni, ormai, hai raggiunto la popolarità. Cos'è il successo e quanto ti è costato?
"E la sensazione di aver conquistato una mèta per la quale hai lottato e sofferto. Ma il successo per il successo è pericolosissimo, direi quasi idiota. Il successo va diviso con gli altri e, una volta raggiunto, è difficile mantenerlo. A me è costato soprattutto la rinuncia alla tranquillità nella vita privata. Spesso, desidererei fare una passeggiata senza che mi riconoscano. Comunque, l'ho cercato e voluto, anche se la fortuna è stata dalla mia parte".
Da che cosa dipende l'affermazione di un cantante?
"In tempi brevi, per sfondare con un disco o per una stagione basta anche una intensa campagna pubblicitaria. Ma, se vuoi rimanere a certi livelli, non esiste potere economico in grado di importi per anni e anni. Resistere al tempo significa possedere talento e tecnica, senza dimenticare che dietro l'artista c'è sempre un uomo con il suo carattere".
Qual è il segreto per muoversi con disinvoltura nell'ambiente dei discografici?
"Bisogna credere nelle cose che si fanno, guardarsi attentamente intorno e non lasciarsi coinvolgere dalla routine. Poi, evitare quell'ambiente il più possibile e gestirsi da sé. Lì, c'è troppa burocrazia e un'atmosfera "artistoide" ".
Una 14enne ha detto che i tuoi testi sono talmente belli che andrebbero inseriti nelle antologie scolastiche...
"Un giudizio impegnativo, che però mi fa piacere. Un gran bel complimento, ma tra il dire e il fare... Sarebbe stupendo, comunque, se i ragazzi avessero la possibilità di studiare i testi dei cantautori italiani. Anch'io, a scuola, l'ho sognato".
Poeta, musicista, abile artigiano del pentagramma: cosa preferisci?
"Mi piacerebbe, se potessi, abbracciare tutte e tre le dimensioni. Sono sempre alla ricerca di nuovi orizzonti e attualmente vorrei vestire anche i panni di piacevole intrattenitore ai concerti".
Tu dici che, col tuo lavoro, non vuoi dare risposte, ma solo insinuare dubbi...
"E' vero. E ora vorrei chiedere alle nuove generazioni: è giusto lasciarsi manipolare dalla "grande" realtà? Quella voluta da pochi potenti-incoscienti? Mi riferisco a una realtà imbecille come la guerra, la tortura e la violenza in generale. Le nuove leve dovrebbero prendere coscienza che la loro non è una generazione perduta, anzi è ricca di tanto amore, di quell'amore che permette di guardare al futuro con fiducia. Il vero pericolo è di abituarsi alle brutture della vita"
L'esplosione dell'elettronica "ucciderà" i cantautori di casa nostra?
"Non credo, anche perché l'elettronica per il momento viene usata male solo per scioccare il pubblico. Inoltre nella musica c'è spazio per tutti".
L'anno scorso hai vinto il "Premio della critica discografica" per "Strada facendo". Quale altro tuo LP avrebbe meritato lo stesso riconoscimento?
"Be', io sono molto legato all'album “Solo", che, nel '76, ha segnato una piccola rivoluzione personale anche nel lavoro".
Hai rimpianti?
"Continuamente, specie per i periodi in cui sono rimasto troppo fermo, perdendo tempo prezioso. Oggi però ho deciso di rifarmi e la lunga tournée ne è la prova".
Molti ti definiscono "un bravo ragazzo", "il figlio o fidanzato ideale". Ma qual è il tuo punto debole?
"Essere considerato così, quasi un'immaginetta. In più, certe volte sono troppo apatico. Mi fa arrabbiare, poi, il fatto di essere severissimo con me stesso e indulgente con i miei collaboratori".
Che giudizio hai dei turbolenti anni Settanta e della musica di quel periodo?
"Ormai sta diventando un giudizio quasi tenero, sereno nei confronti di un passato che è già storia. C'è stata una gran confusione e troppo velleitarismo, anche in campo musicale. C'erano quelli che dicevano: la musica è nostra! Riappropriamocene, autoriduzione! E sono gli stessi che oggi pagano 15mila lire per i Rolling Stones".
Mick Jagger e le pietre rotolanti sono ancora i "diavoli ribelli" degli esordi?
"Confesso la mia ignoranza come critico musicale, ma è pacifico che non rappresentano più l'avanguardia rock. Sono senz'altro un gruppo eccezionale, ma possono i tredicenni di oggi far riferimento ai Rolling come a un loro fenomeno culturale? ".
Quale musica ti piacerebbe ascoltare assieme al tuo miglior amico?
"Melodie senza tempo. Dalla musica nera americana ai Beatles, dai grandi gruppi pop-rock (compresi i Rolling) a Stevie Wonder e a Billy Joel, dai Police ai Supertramp. Metterei su anche una buona musica dialettale del nostro Paese".
Per concludere, "Avrai" si può considerare un anello di congiunzione tra "Strada facendo" e il prossimo album?
"Esatto. Infatti, il progetto partito con "Strada facendo" continua. E continua proprio sulla strada, in tournée, alla ricerca di nuova sintesi, energia e solidità musicale. In questi giorni ho buttato giù parecchi appunti che mi torneranno utili per il prossimo LP, e altri ne voglio registrare. Comunque, sarà un disco in sintonia con la "filosofia" di questo mio momento. Secondo me, non è importante dire sempre tutto. Dietro ogni riga, ogni parola, ogni nota, voglio lasciare la possibilità di fantasticare, per non soffocare la creatività che ognuno ha dentro di sé. La vita, diceva Vinicius De Moraes, è l'arte dell'incontro: un incontro dove bisogna essere disposti a dare, ma anche a ricevere. Per questo principio io cerco di stimolare chi mi ascolta, ma voglio anche essere stimolato e ascoltare le storie degli altri".
E dicevano che Claudio è un tipo di poche parole!

Articolo segnalato da Antonio.