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del 01/06/81

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Claudio Baglioni: piccole
storie di strada facendo.




Siamo così assorti nell'ascolto da non accorgerci che è entrato qualcuno. Ne avvertiamo però la presenza e alziamo il capo. Un saluto e torniamo ad ascoltare.
La canzone è "I Vecchi". Siamo commossi, al punto di avere le lacrime agli occhi (mai vergognarsi di questo). E mentre le ultime note del pezzo si vanno spegnendo pensiamo: "Se Baglioni è stato capace di esprimere questi sentimenti con tale potenza di immagini, vuol dire che non abbiamo capito mai niente di lui ...".
Più tardi, parlando con Claudio di "Strada facendo" gli diciamo le canzoni che ci sono piaciute di più "I Vecchi", "Ragazze dell'Est", "Strada facendo", "Fotografie" e i brevi intermezzi senza titolo indicati solo da un numero progressivo 1, 2, 3, 4.
A proposito de "I Vecchi", con la deplorevole civetteria dei "matusa", non possiamo fare a meno di aggiungere "Forse l'abbiamo citata prima per ragioni anagrafiche".
"Non credo che sia una questione d'età" risponde Claudio, "e una canzone non può e non deve avere confini. Una canzone deve parlarti direttamente, ti deve far ricordare un momento, far cantare, sperare, fantasticare, pensare, ti deve toccare, far sorridere e forse anche piangere.
Tu, uomo o donna, ragazzo o vecchio, duro o intenerito e una canzone di fronte e sotto il braccio".
Si farà un gran parlare di questa canzone. E sarà inevitabile il confronto con "Les Vieux" di Jacques Brel, capolavoro del cantautore belga scomparso tre anni or sono.
Noi vi diciamo solo che "I Vecchi" di Baglioni non hanno niente da invidiare a quelli di Brel e forse li superano.
Claudio è appena tornato da Londra dove ha registrato l'album. E' stanco e ancora un po' frastornato: "Non sono in grado di giudicare i pezzi. Li ho fatti sentire a qualche amico e collega. Di solito mi vergogno a sollecitare pareri e lo faccio con riluttanza. Nell'insieme i giudizi concordano e sono positivi. Ciascuno ha espresso preferenze. Ne tengo conto, posso anche essere d'accordo, ma credo che l'album vada giudicato nell'insieme e non canzone per canzone".
Giudizi positivi in che modo?
"L'impatto è stato notevole. La gente ha apprezzato la musica ma soprattutto le parole. Ritengo importante il primo ascolto di un disco. Lascia sempre qualcosa dentro di noi. Sono emozioni che non si ripeteranno mai più. Si dice che certi dischi debbano essere ascoltati più volte prima di apprezzarli. Non sono d'accordo. Certo, le cose belle più si ascoltano e più piacciono. C'è sempre qualcosa di nuovo da scoprire. Ma il primo ascolto lascia sensazioni irripetibili, il gusto di conoscere, la gioia di comprendere. Ecco perché è così importante. E' come un primo incontro, un primo amore, la prima volta che si guarda un quadro..."
"Strada facendo": che hai voluto dire con il titolo?
"Strada facendo è la voglia di continuare, il dovere di continuare, è la vita che non finisce, che resta sospesa davanti a noi, è la sorpresa di ogni giorno in più, è la speranza che ci fa camminare, è la strada di tutti".
E' il bilancio di un trentenne?
"Si, ma non l'approdo. Piuttosto è un disco di partenza. Arrivato sin qui tiro le somme... e subito inizia un nuovo capitolo della mia vita. Mi piace ricordare, ritrovare sensazioni perdute. A volte basta un gesto, una parola, un odore. E l'infanzia, l'adolescenza riaffiorano e rivivono in noi. Ma non mi ripiego mai sul passato...".
I ricordi sono legati agli intermezzi senza titolo. Si farà un gran parlare anche di questi "flash" musicali. Come ti è venuta l'idea?
"Per caso. Un giorno, alla fine del lavoro in sala, mi è venuta voglia di riprendere in mano la chitarra e mettermi a suonare, lasciando libero il corso dei pensieri. Era come se fossi tornato ragazzo. Suonavo la strumento senza accorgimenti tecnici, quasi raspandolo, come un tempo. Suonavo con più grinta. E con gli accordi, ho buttato giù poche parole, dei "flash": la storia dell'infanzia e dell'adolescenza in immagini rapide, brevi sensazioni. Senza titolo, appunto, perché è una storia che non finisce mai e alla quale si può aggiungere sempre qualcosa. Sentivo che l'album aveva bisogno di questi intermezzi. Li ho fatti ascoltare a Geoff Westley, l'arrangiatore. E lui è stato d'accordo. Li abbiamo registrati uno di seguito all'altro, dalle tre alle cinque del mattino, in "mono", non in stereo e senza eco. Geoff, il fonico e gli altri tecnici inglesi non capivano l'italiano, ma attraverso la vetrata vedevo che erano presi dalla suggestione delle cose cantate in modo immediato e interpretate senza preziosismi, come se fossi stato a casa mia davanti agli amici".
Geoff Westley, è stato arrangiatore dell'ultimo LP di Battisti. Perché hai deciso di affidarti a lui e di incidere in Inghilterra?
"Non per snobismo o per seguire la moda. E' stata una ragione pratica. Westley ed io ci siamo incontrati sul Lago di Como dove stavo trascorrendo una vacanza. Abbiamo parlato, ci siamo intesi e lui mi ha proposto di realizzare l'album al Manor di Oxford dove in genere lavora. Tutto qui."
Che differenza c'è tra il Manor e lo Stone Castle di Carimate?
"Bè, Carimate è un vero castello con merli, torri e ponte levatoio. Il Manor, più che un maniero, è un'antica casa di campagna. Studi eccellenti entrambi. Anche l'organizzazione è simile. Si vive, si abita e si mangia in clausura. Le distrazioni sono poche. I dintorni bellissimi. E' l'ambiente ideale per lavorare".
Musicalmente, a parte gli intermezzi, come è "Strada facendo"?
"Più scarno, energico, semplice ed essenziale. Senza però rompere con il passato".
E' giusto. Ci sono infatti canzoni dei tuoi primi dischi che andrebbero rivalutate...
"Andrebbero rivalutate da chi non ha saputo o voluto dargli un valore. Ma se è vero, come è vero, che, oltre a quelli che le hanno amate allora e che ancora oggi le amano, ci sono ragazzi di 13, 14, 15 anni che le conoscono e le amano altrettanto, vuol dire che queste canzoni parlano a qualcuno e questo qualcuno può trovarci dentro ciò che vuole".
Sei stato interprete della tua generazione, meglio di chi agitava la bandiera dell'impegno ideologico. Perché quasi nessuno lo riconosce?
"Bisognerebbe chiederlo a chi ha sempre scritto di me. Non mi sono mai legato a un carro né ho fatto parte di una "scuola". Non ho mai preteso di lanciare messaggi. Cantavo, come in questo nuovo disco, le piccole storie di ogni giorno. Eppure non ho mai avuto pace lo stesso. E mi sono sempre trovato "dalla parte opposta". Mi hanno criticato quando scrivevo canzoni d'amore. E quando ne ho scritte d'altro genere hanno trovato da ridire perché non scrivevo più canzoni d'amore".
Ti definivano un cantautore "commerciale"...
"Appunto, di malinteso in malinteso. Forse è il mio carattere schivo, il mio riserbo a provocarli".

Eppure "Strada facendo" dimostra che la sua generazione Baglioni se l'è portata con sé. I ventenni di allora sono i trentenni d'oggi. Oggi, insieme ai più giovani, tutti lì schierati ad accogliere, come dice il sottotitolo dell'album, la sua "piccola storia che continua".


FOTO di David Bailey

Articolo segnalato da Antonio Pascale.