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dell' 11/09/00

Il Messaggero
Parla il cantante in tour italiano. Stasera terrà un concerto al Foro
Italico e domani nel Teatro Romano di Ostia Antica

Baglioni: «Meno show, più poesia»

di PAOLO ZACCAGNINI

ROMA - «Come sta andando? Benissimo. Soprattutto per l'accoglienza del pubblico. Ma la grande novità, la meraviglia, viene dall'imparare, io e i musicisti, qualcosa di nuovo ogni sera. L'aver ritrovato il gusto di suonare senza tante pastoie elettroniche. All'inizio pensavo che l'idea di questo tour acustico fosse un po' azzardata, soprattutto il materiale della prima parte, invece il concerto è decollato». A parlare, finalmente rilassato e sicuro di sè, è Claudio Baglioni, col suo gruppo oggi a Roma, allo Stadio della Pallacorda al Foro Italico, e domani a Ostia Antica, al Teatro Romano, con lo splendido tour acustico che sta incantando l'Italia.
«Lo ammetto, C'è un grande piacere nell'esibirsi in questi luoghi, l' emozione è palpabile, si crea una comunione speciale tra noi sul palco e il pubblico. Non c'è nulla di rituale, è un'incontro con la gente. E poi, con mia grande soddisfazione, sono diminuiti i momenti di karaoke. Arrivano nel finale, festoso, pieno di quell'energia che lima l'asprezza di certi pezzi proposto solo con voce e basso».
Baglioni spiega che Sogno di una notte di note - così si intitolano questi shows iniziati a Pompei il 13 agosto e che si concluderanno, se riuscirà a frenare la gran voglia che ha dentro, il 17 a Foggia salvo, forse, una probabile ripresa tv da Pompei il 23 - «è bellissimo perchè siamo noi i primi a sentire che in certi posti, Ostia come lo Sferisterio di Macerata o il Teatro Greco di Taormina, quello di Ferento, vicino a Viterbo, suoniamo, stiamo meglio». Non le dispiace, però, che la scelta di esibirsi in luoghi dalla capienza limitata abbia penalizzato il suo larghissimo pubblico? «Sì.
Mi arrivano non delle vere proteste ma delle sottolineature, diciamo così, sul fatto che i biglietti finiscono subito. E' difficile coniugare questo tipo di spettacolo, il mio seguito tradizionale e la capienza, la sacralità dei luoghi nei quali ho scelto di esibirmi». Ha ipotizzato una ripresa invernale nei teatri? «Non credo succederà. Sono venuti impresari stranieri a vederlo, stiamo lavorando a un'ipotesi suggestiva, che mi interssa molto.
Quasi sicuramente lo proporrò così com'è in alcune capitali europee, in qualche luogo storico. Adesso che sta per finire cresce il rammarico, è stata una volata, diciamo così, troppo breve, 19 concerti in 26 giorni».
Cosa ha imparato da questa volata? «Che la struttura particolare di certi pezzi con gli arrangiamenti attuali uscirebbe schiacciata nella mia abituale dimensione di uno stadio, una piazza, un palazzo dello sport. Qui c'è meno esaltazione del lato più pop, spettacolare, e maggior attenzione e cura, per la trama melodica. E' questo che, dopo l'iniziale ritrosia e diffidenza, è piaciuto di più. Lo vedo tutte le sere scrutando dal palco chi viene a sentirci, tutti attentissimi e preparatissimi». Durante il tour è, per caso, nato qualche pezzo nuovo? «Due o tre cosine sono venute fuori. Ho la sensazione, la speranza che un giro come questo sia utile, propedeutico, per capire quel che piace di più. A me e a chi viene a sentirci. Mi sono accorto che, se proposta in un certo modo, anche la musica leggera può diventare seria, importante, diciamo paragonabile alla musica classica».
Tra i tanti - una quarantina che scorrono via troppo veloci, ndr - brani che propone, quali, secondo lei, piacciono di più? «Naso di falco, Poster. Le ragazze dell'Est. La piana dei cavalli bradi. Acqua dall'acqua, divenuta molto maghrebina, mediterranea, sembra di essere in un circo di Tunisi.
Anche Fammi andar via, solo io e Danilo - Rea, ndr - al pianoforte. Ci sono momenti in cui la gente si alza in piedi per cantare però mi sono imparato, li precedo, dico subito "questa è una canzone per la quale vorrei fare io il cantante" e tutti tacciono. Lo confesso, il cantare insieme è un rito che, a volte, mi affascina». Da questa esperienza si può ipotizzare un bell'album dal vivo? Magari con qualche inedito? «Ero partito piuttosto perplesso ma, dopo aver ascoltato le registrazioni fatte finora, mi sto convincendo che vorrei offrire queste atmosfere, questi arrangiamenti, queste suggestioni a chi non è potuto venire a sentirmi. Sì, si potrebbe proprio fare ( e quasi sicuramente lo farà, dovrebbe uscire forse per Natale, ndr.) Un pezzo inedito? Sì. Adesso la mattina mi sveglio piuttosto presto e scrivo. Tanto.
Vorrei fosse come una sorta di sigla, chiosa, di quest'avventura a cielo aperto. Sì, ci dovrà proprio stare».



Articolo segnalato da Caterina.