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del 02/09/00

Il Giornale di Vicenza
«Ho fatto pace con tutte le mie canzoni, anche con i successi "storici", ma fino a qualche tempo fa stravolgevo apposta "Piccolo grande amore" per evitare i cori»
Le emozioni del Baglioni-day

Stasera alle 21 in piazza degli Scacchi luci sul cantautore

di m.v.

Marostica. Un anno incandescente, magico: due tour, un nuovo album, la voglia di metterne in cantiere un altro...Claudio Baglioni, protagonista stasera alle 21 in Piazza degli Scacchi di "Sogno di una notte di note", un concerto che prevede 25 tappe in alcuni splendidi luoghi ricchi d'arte e di storia, è in un periodo particolarmente intenso e felice della sua attività artistica. «Credo davvero che il riposo sia rimandato a data da destinarsi», sorride divertito. «Attualmente sto lavorando intorno ad alcuni nuovi progetti: c'è ancora molto da fare, ma questo è un buon momento. In tempi relativamente brevi dovrei riuscire a concretizzare qualcosa d'interessante.
Mi piacerebbe entrare ancora di più nello straordinario mondo virtuale di Internet, che è poi virtuale solo di nome visto che di fatto è ormai una realtà che occupa uno spazio sempre più centrale nella quotidianità di tutti noi. Vorrei che il mio sito crescesse ulteriormente, diventando sempre di più un luogo creativo, di iniziative, incontri, proposte e nuove energie. È l'unica rete nella quale mi lascio catturare volentieri».
Ma accanto agli spazi virtuali, il cantautore romano coltiva una passione del tutto speciale anche per quelli che accolgono le folle emozionate ed emozionanti dei suoi concerti. «Sì, è vero, amo la dimensione immediata del pubblico. L'ho detto anche a Fabio Fazio: vai a fare una tournée nei teatri, solo così avrai modo di guardare in faccia i tuoi spettatori».
- Baglioni, è per questo motivo che si è sobbarcato l'impegno di una nuova serie di spettacoli, dopo il fortunato "Tour blu" della scorsa primavera, che in quasi cinquanta concerti ha raccolto circa 400 mila spettatori?
«Sicuramente l'idea di cantare e dialogare con la gente rimane sempre il motore primo di ogni mia decisione. Nel caso specifico sentivo il bisogno di un contatto più diretto e immediato col pubblico. Anche se nel "tour blu" non c'era alcun tipo di barriera e il palco era al centro dei palasport, una certa distanza rimaneva sempre e, in qualche caso, vivevo questa situazione come un limite, come una barriera che m'impediva un contatto più immediato e affettuoso con gli spettatori. "Sogno di una notte di note" somiglia molto a un incontro ravvicinato, ad uno di quei dialoghi nei quali si possono usare tutti i toni e le modulazioni di una conversazione a due. Ci sono cose che non si possono urlare, ma che devono essere dette e confidate a bassa voce».
- Lei ha definito il "tour blu" una favola, una sorta di viaggio attraverso il tempo...
«Sì, il tema dominante era la solitudine di un uomo conteso tra il richiamo di un passato che non ritorna e l'incertezza di un futuro che è un'incognita con la quale è sempre problematico confrontarsi. Un tema piuttosto impegnativo e tutt'altro che facile da proporre in un concerto di musica pop. Anche per questo ad un certo punto ho cominciato a sentire il bisogno di una storia più semplice, più immediata, più fluida e leggera. "Sogno di una notte di note" è il tentativo di raccontare immagini fresche, ingovernabili e imprevedibili come sono le immagini dei sogni».
- Perché ha scelto di ambientare questo sogno in anfiteatri, siti archeologici, luoghi d'arte?
«Mi affascinava l'idea che questi luoghi, che prima di essere luoghi d'arte erano luoghi per l'arte, potessero tornare a recuperare la loro dimensione originaria ospitando uno spettacolo, in questo caso un concerto, che è una forma d'arte oggi popolare quanto lo erano la satira o la tragedia al tempo dei greci e dei romani. E poi mi stimolava la sfida di suggerire un altro modo di vivere e visitare questi posti, dimostrando che l'arte non è materia polverosa e inerte, ma fonte di bellezza e di energia, che può trasformarsi in motivo e spazio ideale per un delicato, seducente viaggio all'interno delle nostre emozioni».
- In passato lei ha manifestato in più occasioni una certa insofferenza nei confronti di alcune sue canzoni storiche. È ancora così?
«No. Posso dire di aver fatto pace con tutte le mie canzoni. In passato vivevo con fastidio il successo di "Piccolo grande amore", che stravolgevo per evitare che venisse coperto dal coro del pubblico, o di "Sabato pomeriggio", che non proponevo affatto. Ricordo che anni fa, a Palermo, una signora, dopo un'ardita versione di "Piccolo grande amore", mi aspettò al varco per accusarmi di essermi appropriato di una cosa che, disse, non era più soltanto mia. Mi dava del lei, gelida, sprezzante. Le risposi che la canzone era mia e ne facevo quel che volevo. Poi ho pensato che sì, un po' di ragione quella signora l'aveva...».
- Baglioni, due tour in pochi mesi non sono uno scherzo. Dove va a pescare tanta energia?
«Quando stacco, stacco davvero. Niente telefono, niente cellulare, niente fax, niente computer. E poi cielo. E mare. Soprattutto mare. Nel cuore del nostro Mediterraneo ci sono dei luoghi fantastici, dove i colori e i profumi sono fonti di un'energia straordinaria, pura, inesauribile. Basta chiudere gli occhi e lasciarsi... ricaricare».


Articolo segnalato da Ernesto.