torna al menu
stampa
Rassegna stampa - mercoledì 6 settembre 2000 ultimo aggiornamento: 18 dicembre 2001

  <  elenco completo (595)   <  articoli pubblicati su L'Arena (2)
  <  altri articoli scritti da Pucci Davoli (1)

Pubblicato su L'Arena - 06/09/2000

Teatro Romano. Folla per il meglio di Claudio
Baglioni, un sogno intimo e poetico
Difficile da scordare la sua "Notte di Note"

di Pucci Davoli

Poesia, atmosfera, molti sorrisi, qualche lacrima. Il tutto, accomunato da un tangibile senso di benessere, ha pervaso l'intero Teatro Romano, stracolmo oltre ogni limite per accogliere al meglio Claudio Baglioni, forse il più amato fra tutti i cantautori italiani presenti sulla scena, come lui, da quasi trent'anni. Chi ha avuto la fortuna di esser presente al concerto, l'altra sera in riva all'Adige, sicuramente ne conserverà un ricordo indelebile, consapevole di aver assistito ad uno di quei pochissimi eventi musicali degni di esser descritti, con orgoglio, con una sola frase: «c'ero anch'io».
E siccome, fortunatamente, c'eravamo anche noi, ecco qui di seguito la cronistoria del suo spettacolo denominato, non a caso, «Sogno di una notte di note». Innanzitutto Claudio. È la sua voce, fuori campo e supportata da un sottofondo riproducente i suoni del vento, della pioggia e del tuono, che apre l'incantesimo, e le parole pronunciate sono un omaggio a Shakespeare ed alla sua quasi omonima commedia.
È così che ha inizio il "Sogno" e, a renderlo più concreto ci pensa ancora Baglioni «sorgendo» dal buio con in mano una candela, mentre le note di «Notte di note» cominciano ad aleggiare nell'aria. Ed il primo degli innumerevoli boati che caratterizzeranno l'intera serata si fa subito sentire.
Semplice ed essenziale lo scenario. Soltanto delle pedane di legno, dispose ad anfiteatro, con sopra i vecchi amici di sempre, e cioè il tastierista Giovanni Boscariol, il pianista Danilo Rea, il bassista Paolo Costa, il chitarrista Paolo Gianolio ed i batteristi Elio Rivaglio e Gavin Harrison. Al centro, ovviamente, lui, Claudio, che ha alternato la chitarra con un soggettivo e naturalissimo pianoforte a coda. «Naturale», infatti, è la parola chiave dello spettacolo. Nessuna concessione alla tecnologia, ad effetti strani: solo semplici riflettori, e basta. Eppure, proprio come avviene quando si ha sete, che dopo aver provato a bere intrugli vari alla fine ci si disseta soltanto con l'acqua, allo stesso modo ci è parso che la gente abbia gradito questo ritorno all'essenzialità, «dissetandosi» voluttuosamente, sorso dopo sorso, fino a saziarsi.
Sorsi gustosissimi, di quelli che, una volta inghiottiti, ti fanno emettere un sospiro di sollievo e di piacere, come per esempio «Poster», «Ragazze dell'est», «Lampada Osram», «Un po' di più» fino ad arrivare, in chiusura della prima parte alla delicatissima «Reginella». D'altra parte il cantautore romano lo aveva promesso: «Ho voglia di suonare in luoghi più piccoli e raccolti», aveva detto. E cosi è stato. Nella seconda parte il sogno riprende, «tumultuosamente», con «Tamburi lontani» e poi, man mano, va placandosi con «Fotografie», «Bolero», «Fammi andar via»... Quante, quante canzoni. Quante immagini, soprattutto dopo un «Avrai» mirabilmente riarrangiata subito seguita, praticamente, dalla colonna sonora di interi anni della nostra vita: «Questo piccolo grande amore», «E tu», «Strada facendo», «La vita è adesso». Il merito di Baglioni, a parer nostro, non e quello di essersi saputo «rinnovare», bensì di aver «naturalmente» trasportato la sua evoluzione interiore nelle sue canzoni, risultando, così facendo, sempre vero e credibile. Ed è in quest'ottica che brani come «Cuore di aliante», «lo sono qui», «Via», «Mille giorni di te e di me», «Buona fortuna», eseguiti in chiusura, sono e saranno paragonabili, a nostro avviso, a sorsi d'acqua freschissima.
«L'unico sogno possibile», ha detto infine Baglioni congedandosi, «è quello di avere ancora un sogno da fare». E poi, continuando, un augurio al foltissimo pubblico: «Buon viaggio, nella vita. Fate sempre molta strada, non smettete di trasmettere, non smettete di camminare».
Un concerto, dicevamo, difficile da dimenticare, dove tutto (essenza - semplicità -verità) ha avuto il sapore della realtà. Tutto. Persino il sogno.


segnalato da Astrid

  <  elenco completo (595)   <  articoli pubblicati su L'Arena (2)
  <  altri articoli scritti da Pucci Davoli (1)