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Rassegna stampa - luned́ 14 agosto 2000 ultimo aggiornamento: 18 dicembre 2001

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Pubblicato su Il Mattino - 14/08/2000
www.ilmattino.it


Baglioni a Pompei:
il sogno di note di un gladiatore pop



di Federico Vacalebre

Pompei. Ha 2080 anni circa l'anfiteatro di Pompei e se li porta benissimo, nonostante ne abbia viste di tutti i colori. Dagli scontri tra gladiatori alle venationes, le mattanze di animali selvaggi e povericristi che facevano impazzire i civilissimi romani. Dalla rissa tra ultras locali e della vicina Nuceria del 59 d.C. che portò alla squalifica del campo per dieci anni (pura verità) all'eruzione del Vesuvio di vent'anni dopo. Poi il silenzio, il buio, l'attesa che qualcuno si decidesse a riportare alla luce quelle rovine. Dove un tempo Celado faceva impazzire le matrone («Suspirium puellarum Celadus thraex», dicono i graffiti pompeiani; era un Tak ante litteram, nota mia ;oPPP), ora Baglioni fa battere forte i cuoricini delle fans di ogni età, fortunate ed ostinate signore che hanno superato da un bel pezzo la soglia degli anta, ragazze in carriera, adolescenti che sognano ancora il loro primo «Piccolo grande amore».
Il divo Claudio, gladiatore che ha scelto la sfida incruenta del pop, inizia l'ennesima sfida a se stesso. Dopo aver passato gli anni Novanta a conquistarsi (o quasi) la stima di critici e recensori complicandosi la vita e le canzonette tra allitterazioni, arrangiamenti e astruserie varie, vede all'orizzonte un bisogno di tornare alla immediatezza della sua prima produzione, a una melodicità più immediata, spontanea. Il «Sogno di una notte di note» è solo il primo passo in questa direzione e non è detto che l'ennesimo viaggio porti il cantautore a raggiungere la sua meta, ma l'avventura ormai è iniziata, il pianoforte è di nuovo lo strumento centrale del concerto, non ci sono cyberbaglioni o ballerine con le tette fuori a distrarre il pubblico, non c'è la freddezza - ma anche la sicurezza - dell'apparato elettronico a cui rinuncia (tastiere e finti archi a parte) come tutta la sua ottima band (da citare almeno il solito Danilo Rea) per cercare soluzioni quasi acustiche, quasi jazzate, quasi essenziali, quasi nonbaglioniane.
Nel 1971 i Pink Floyd vennero a girare tra queste rovine il loro film che riprendeva un concerto senza pubblico scatenandosi in acrobazie lisergiche da mille e una notte.
Una trentina d'anni dopo il cantautore italiano più nazionalpopolare che c'è entra nell'anfiteatro e legge qualche rigo dal «Sogno di una notte di mezza estate» per poi ripescare la sua «Notte di note» dopo aver sperimentato gli effetti delle tre macchine scespiriane che evocano il tuono, la pioggia e il vento: le polemiche dei giorni scorsi e l'acquazzone improvviso che fa ritardare l'inizio dello show sono dimenticati, valeva la pena di sopportarle per godersi questo colpo d'occhio, le gradinate dell'anfiteatro libere, i 1200 seduti sulle poltroncine sistemate sul pavimento protetto da pedane di legno, la luce calda dell'elettricità (si era pensato a delle torce, ma poi si è deciso di soprassedere) a disegnare i contorni di una struttura che un tempo poteva contenere fino a 20.000 spettatori.
La notte è umida, la luna è coperta dalle nubi, la polvere (della storia?) crea qualche fastidio, ma la band macina melodie che i 1200 sono tentati di cantare in coro, anche se ogni tanto sono sorpresi da qualche brano meno frequentato del canzoniere baglioniano («La piana dei cavalli bradi», «Io, lui e la cana femmina», tanto per fare qualche esempio) e si lasciano andare solo quando arrivano i tormentoni implacabili di «Poster», «Lampada Osram» (proposta nel bel mezzo di un medley alla chitarra acustica), la riscrittura di «Reginella» e quella di «Avrai» (straniante e d'effetto) e poi l'inevitabile corpo a corpo con i successi che più successi non si può. Claudio siede al pianoforte e via con «Questo piccolo grande amore», «E tu», «Sabato pomeriggio», «Solo», « E tu come stai», «Strada facendo», «La vita è adesso». Poi arrivano i bis, con quel «Cuore d'aliante» tra i pochi brani ripescati dall'ultimo coraggioso album: anche questo è un segnale della voglia di nuovo, anzi d'antico che si porta dentro il gladiatore della melodia. Si va via, come in ogni kolossal sugli antichi romani, sui «Titoli di coda», pronti a tornare - i fortunati che recupereranno l'invito - il 23 settembre, anche se c'è un problema per la diretta (RaiUno, probabilmente): quella sera Canale 5 trasmetterà il galà conclusivo di «Vota la voce».



segnalato da Ernesto

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