torna al menu
stampa
Rassegna stampa - luned́ 13 marzo 2000 ultimo aggiornamento: 18 dicembre 2001

  <  elenco completo (595)   <  articoli pubblicati su Rock On Line (13)

Pubblicato su Rock On Line - 13/03/2000
www.rockonline.it


Intervista a Claudio Baglioni



Niente è riuscito a fermarlo: non ce l’hanno fatta le critiche per il suo “Ultimo valzer” tv, per le sue pose promozionali ‘atteggiate’ e per i capelli colorati, per lo spolverino da Capitan Harlock e le commistioni robuste con lo sponsor, che lo hanno fatto apparire un viaggiatore in balìa del suo tour operator. Claudio Baglioni, forte del successo del suo album e di un legame ancora più saldo con un pubblico che appare poco interessato alle polemiche e assai più alla sua musica, appare lucido e determinato, contento adesso di ricalarsi un una realtà, come quella rappresentata dal suo nuovo, impegnativo tour, che lo porta vicino alla musica e lontano dalle parole. Non saranno soltanto canzoni, tanto per cambiare, ma – come ormai Baglioni ci ha abituato – lo show sarà pretesto/occasione per sperimentare tecnologie e contenuti narrativi nuovi. Anche se lui promette di aver iniziato a semplificarsi, e di voler lavorare ‘per sottrazione’...

Stai per debuttare con il tuo nuovo tour, “Il Viaggio”, che è poi l’idea centrale dell’ultimo Baglioni...

Sì, era inevitabile con un album che si intitola “Viaggiatore sulla coda del tempo” e con questa tematica universale; il viaggio è una cosa talmente assimilabile alla vita che mi sembrava impossibile non chiamarlo così. Una tournée, poi, è veramente il viaggio di un artista, forse il viaggio che fa di più nella vita, perché spesso si muove nel mondo solamente per questo motivo. Il viaggio è anche il momento in cui si incontrano realmente le altre persone, gli interlocutori, il pubblico, e in ogni momento della giornata, non solo durante lo spettacolo. C’è sempre un rapporto ravvicinato con la cosiddetta altra parte.

Come sarà questo nuovo spettacolo?

Il contenuto è dato dall’ultimo album, che è rappresentato tutto in questo concerto. E’ la prima volta che lo faccio, ed è abbastanza insolito per chiunque prendere tutta l’ultima produzione e inserirla nella scaletta. Fa da ossatura di un racconto che parte da un momento determinato per poi andare avanti e indietro nel tempo. Canterò anche le canzoni di questi trent’anni che verranno inserite in scaletta come dei tasselli, per dimostrare come sullo stesso argomento, sulla stessa percezione, sulla stessa emozione o sentimento possiamo cambiare il nostro parere, il modo di descrivere, sia musicalmente che dal punto di vista dei contenuti di testo. Con questo concerto chiudo un percorso, un cammino che avevo suddiviso in tre cromatismi, giallo, rosso e blu. Con quello giallo, sei anni fa, ho fatto uno spettacolo molto spontaneista, molto semplice, che era un po’ una ripetizione moderna dei carrozzoni dei commedianti. Prendevo un carro e mi fermavo con i musicisti - a volte a sorpresa - in posti insoliti, come porti o in mezzo alle strade, per suonare per le persone che accorrevano. Quello rosso, nel ’96, nei Palasport, aveva delle somiglianze con il teatro: c’erano la gestualità, le stoffe, le danze. Questo è blu perché è il terzo modo “canzonettista” di rapportarsi con il mondo della rappresentazione: il cinema, l’immagine, l’immaginazione. Tutto l’apparato scenico di luci e d’illuminazione è ispirato al cinema: ci sono proiettori cinematografici che danno l’idea delle tinte e delle luci diffuse. Inoltre, siccome è un po’ un viaggio alla ricerca di quello che faremo domani, avrà qualcosa di futuribile, di fantascientifico. Abbiamo preso un sistema molto potente di laser che trasforma tutto il racconto in suggestioni di immagini che sarà in grado, con una luce esotica, di creare delle superfici, delle suggestioni ulteriori o anche delle forme grafiche che si muovono all’interno di tutta l’area spazio del palasport. Ci saranno nove artisti che faranno da coristi, da percussionisti e qualche volta allestiranno questo teatro di figure e di ombre.

E come viene visualizzato il viaggiatore?

Attraverso il racconto e le riflessioni sullo stato del viaggio, su tutte le incertezze che ogni viaggio dà. Per un cantante lo spaesamento grosso è proprio il ritorno sulla scena, l’incertezza dell’essere ‘spettacolanti’, dell’esibirsi, il sapere che non è cambiato nulla o che le persone sono diverse, che il tempo ci ha invecchiati tutti, che qualcuno se n’è andato, che qualcuno si è aggiunto. In tutto questo si misura un livello emozionale che non è rappresentato dalla mera esibizione, ma da quanto il tempo ha portato di nuovo e quanto ha portato via.

E le canzoni del passato?

Ce ne saranno 20, tratte dagli album precedenti con dei sacrifici enormi. D’altronde per farle tutte, il concerto durerebbe almeno 15-16 ore. Una volta lo si potrebbe anche fare, per l’ultimo dei concerti. La decimazione in alcuni momenti è dolorosa, però la scelta è stata fatta non tanto in termini di importanza, ma scegliendo quelle integrabili nella narrazione. Ci saranno tutte le epoche, però cercando di seguire un filo logico e non solamente celebrativo.

Nel tour incontrerai altri viaggiatori noti, in quelle che hai chiamato “stazioni di posta”...

E’ un’iniziativa collaterale. Sono incontri che avverranno durante la mattina o il pomeriggio o addirittura la sera precedente. Questa volta cerchiamo di fermarlo il tempo, di dare al viaggio la testimonianza del durante, mi piacerebbe spostare la mira da me e di vedere se altri viaggiatori – personaggi celebri - possono raccontare a tutti - anche a me e ai miei collaboratori - chi sono e le loro esperienze cercando di creare una nostra rete reale.

A differenza dell’ultimo tour negli stadi, hai scelto di esibirti nei Palasport...

Questo è uno spettacolo da fare al chiuso. Il palco è al centro della scena, è molto contenuto in modo che ci sia la possibilità di avere il pubblico molto vicino e di trasformare gli spettatori in attori. Il palasport dovrebbe dunque diventare una sorta di arena, di doppio anfiteatro con me e i musicisti al centro.

Hai definito “Viaggiatore sulla coda del tempo” il capitolo finale di una trilogia in cui sono rappresentati il passato, il presente e il futuro...

Sì, anche se poi nell’ultima canzone si capisce che in fondo a me è successo - ma credo che sia lo stesso per altre persone - di pensare di fare un viaggio nel futuro e invece farlo verso il passato per poi prendere tutto quel tempo e portarlo dal presente in avanti. In fondo il viaggio verso il futuro è un viaggio impossibile, un viaggio teorico. Il viaggio ha una forma circolare per il fatto che il tempo passa e noi ci ritroviamo alla fine di ogni viaggio a ritornare nello stesso spazio, ma non nello stesso tempo e un po’ cambiati. Anche questo album si chiude con un ritorno verso chiunque di noi è stato molto più piccolo, prima, verso un nostro giovane sosia che tanto ci assomigliava. Abbiamo bisogno, ogni tanto, di tornare nei suoi occhi e nei suoi panni per fare un viaggio fantastico.

A distanza di tre mesi come valuti l’esperienza televisiva de “L’ultimo valzer”?

Abbastanza positivamente. Sapevo che il numero due si presta a qualche piccola resa dei conti anche perché conta l’eredità dell’episodio precedente. E poi certe cose sembrano viziate da politiche superiori a quelle insite in uno spettacolo. Il fatto di andare a un orario così competitivo era una sfida molto ardua. Io devo dire che dal punto di vista del contenuto - aldilà di alcune ingenuità e di alcune presunzioni che però ci stanno tutte quanto uno tenta una strada nuova - a me ha fatto piacere trovare sulla strada come complici molti artisti, alcuni dei quali che neanche conoscevo perché più giovani per generazione e tanti altri miei colleghi, e di aver messo su, col poco tempo che c’è a disposizione in televisione, tanta musica, tutta dal vivo, tutta in diretta. Quindi lo valuto un esperimento non da poco in una tv che tende a strizzare tutto fino all’inverosimile. Poi penso che Fabio Fazio sia un personaggio al quale non bisogna chiedere di far competizione sui numeri. In fondo bisogna essere soddisfatti e felici quando si fanno 5 milioni di telespettatori e tutti quelli che vedono la trasmissione dicono “mi piace, è divertente”... magari vendessimo 5 milioni di dischi! Sono numeri molto forti, accompagnati da un desiderio di innovazione e di qualità...

Faresti un numero tre?

Non lo so. Sono comunque più attirato da questo tipo di televisione rispetto a quella che ti porta in giro a fare promozione. Per me la televisione è veramente un’incursione, non può essere programmabile, programmata. Quindi può darsi anche ci sia in là nel tempo, non so quando, l’occasione di fare un terzo round.

E come valuti la scelta di legarsi a uno sponsor?

Io sono curioso di tutte le forme di associazione: il rapporto con Omnitel era nato per selezionare una parte di pubblico per presentare il disco. Mi sembrava interessante questo potenziamento della comunicazione. D’altronde la discografia, già da anni, vive una crisi dei suoi mezzi e delle vendite e quindi trovo sufficientemente interessante che ci sia qualcun altro che in termini di visibilità offra dei mezzi per poterlo fare. Continueremo questa strada anche per il tour: ci saranno delle persone che, risolvendo un indovinello con estrazione potranno vivere un intero giorno dietro le quinte, con noi. Quando si fa qualcosa che non è strettamente pubblicità, ma è mettersi insieme per costruire progetti e servizi a favore anche di un pubblico, ben vengano! L’importante è che sia palese. Se mi accorgessi che è troppo preponderante il marchio pubblicitario smetterei io stesso. La mia libertà è assolutamente intoccata e intoccabile. Anzi, mi fa piacere essere direttamente responsabile del progetto.

Quest’anno festeggi i trent’anni dal tuo primo album...

Penso che sia una festa fare questo lavoro. A me ha tolto sicuramente anche qualcosa della vita. In certi momenti vorrei essere invisibile, essere da qualsiasi altre parte, ma credo che anche con tutta la tensione che c’è e con tutta l’adrenalina che si prova sia davvero bello. Io poi mi impiccio di tutto: il palco di questo tour, per esempio, l’ho disegnato io su una tovaglia. Dopo trent’anni avere ancora questa forte energia nella curiosità nel vedere le cose che vengono edificate...
Spero che ci sia stato il senso del viaggio anche nella mia carriera, cercando di sapere che il tempo c’era e che cercavamo di batterlo, di gareggiare con lui.

E adesso che hai concluso la trilogia...

C’è un punto a capo e quindi si ricomincia. Mi sto accorgendo che adesso lavoro per sottrazione, mentre fino a questo momento ho lavorato ad aggiungere: nozioni, ho fatto spettacoli sempre più complessi mettendo sempre più roba insieme. Prima si accumulano esperienze e poi si cerca l’essenza delle stesse.

segnalato da Caterina

  <  elenco completo (595)   <  articoli pubblicati su Rock On Line (13)