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Rassegna stampa - lunedě 27 luglio 1998 ultimo aggiornamento: 18 dicembre 2001

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Pubblicato su La Repubblica - 27/07/1998
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Recanati, piccolo grande festival
E Baglioni fa il "supplente" del malato De Andrč

di Gino Castaldo

RECANATI - Di nuovo, inevitabilmente, Claudio Baglioni è tornato in cima alla cronaca della rassegna del Premio Recanati che si è conclusa sabato sera, con un finale a sorpresa e, come si dice in queste occasioni, un gran bel gesto di solidarietà. Visto che il clou, ovvero Fabrizio De André, ha dato forfait per un improvviso colpo della strega che lo ha immobilizzato, Baglioni (che aveva inaugurato la rassegna giovedì sera) è ritornato di corsa da Roma, questa volta da solo, per improvvisare un set di solo voce e pianoforte e fungere, per così dire, da "supplente" al collega ammalato. Di più, per sostituirlo pienamente ha ricordato che da ragazzino amava cantare la Canzone dell'amore perduto, uno dei capolavori di De André, e l'ha così riproposta al pubblico. Cantandola peraltro benissimo, con quella dolente e dimessa semplicità necessaria a quella canzone. Tutto questo, e altro, lo rivedremo stasera nello speciale che RaiDue dedicherà alla rassegna. Solo un riassunto che renderà appena in parte la ricchezza di offerta che è tipica di questo piccolo grande festival. Accadono perfino cose assai strane. L'apertura di sabato è stata affidata a Carla Boni che ha riproposto il suo "Mambo italiano" con il trio di dj Flubby e la chiusura a ore impossibili, al gruppo di cantanti e musicisti mongoli Ensemble Egschiglen. Uno spettacolo incredibile. I mongoli possiedono una tecnica vocale assolutamente unica con la quale riescono a emettere più note contemporaneamente. Da non credere. E se, come ha detto Riondino, dovevamo immaginare che nello stesso tempo un gruppo folklorico di Recanati era in quel momento a esibirsi a Ulan Bator, rimane da chiedersi cosa c'entri tutto questo con la canzone. Ma è in fondo il bello della rassegna, accostare esperienze lontanissime, secondo una linea di ricerca che del resto si riscontra anche nella musica italiana che si è esibita nei tre giorni. Abbiamo visto lo splendido duetto tra Carmen Consoli e Mario Venuti, la già collaudata collaborazione tra Nuova Compagnia di Canto Popolare e i 99 Posse, con una fantastica "Tammurriata nera", diventata pretesto per un incontro storico tra la ricerca etnica del gruppo e il rap violento dei giovani cresciuti nei centri sociali, e poi Nino D'Angelo (che ha anticipato alcune battute del film che farà prossimamente dal titolo "Aitanic", con lui stesso nella parte di Leonardo Di Caprio), e poi Luca Carboni (con un bellisismo clip realizzato attraverso le foto di Ghirri), gli Snaporaz, Flavio Brunetti, Almamegretta, Niccolò Fabi e Max Gazzè, e molti altri. Anche tra loro sembra ci sia poco da spartire, eppure compongono una tavolozza decisamente straordinaria: insomma bisogna venire qui a Recanati per rendersi conto che in fondo in fondo la musica popolare italiana non è poi così male, è florida e vive una stagione di notevole creatività. Anche i vincitori, gli emergenti, rendono l'idea di questa varietà, ma il limite continua a essere l'eccessivo numero dei premiati. Meglio sarebbe avere due o tre vincitori su cui puntare con maggior forza. I buchi delle interminabili serate sono stati riempiti meglio, visto che a Gaia De Laurentis si sono affiancati venerdì sera Bruno Gambarotta, e sabato sera David Riondino, in un trionfo di battute su Leopardi, quest'anno vero protagonista occulto della rassegna. E' stato citato in continuazione, evocato, perfino parodiato, con la benevolenza che il luogo imponeva. Il clima, rispetto agli scorsi anni è decisamente cambiato e ora alla rassegna si prospetta con tutta evidenza un bivio inevitabile. Lo sviluppo ha fatto "crescere" il palco, la dimensione tecnica, portando ad una maggiore rigidità della formula, come imponeva la presenza incombente della tv. Ma bisogna andare cauti. Il capitale più prezioso accumulato in questi anni è la credibilità ;, la possibilità di incontro tra artisti in un clima che normalmente in Italia non si verifica mai. Perdere questo, significherebbe distruggere lo spirito della rassegna.


segnalato da Cecilia Lombardino

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