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Rassegna stampa - domenica 1 dicembre 1996 ultimo aggiornamento: 18 dicembre 2001

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Pubblicato su Strumenti Musicali - 01/12/1996
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Intervista – Claudio Baglioni
“Tour Giallo”


di C. Sforzini e G. Perotti

Tra i moltissimi appuntamenti live del '96 uno dei più attesi è stato sicuramente quello di Claudio Baglioni, cantautore per eccellenza che insieme ai suoi musicisti ha presentato attraversando tutta la penisola i suoi due tour: il Rosso e il Giallo. L'accoglienza che il pubblico ha riservato a entrambe le iniziative è stata veramente entusiastica e a parlare sono ancora una volta i numeri: oltre 600 mila spettatori hanno assistito ai due tour. Strumenti Musicali ha seguito la carovana per tre date e ne ha ricavato un reportage con interviste esclusive a Claudio Baglioni, ai musicisti e ai suoi tecnici.
Tour Giallo e Tour Rosso: quali sono le differenze sostanziali tra le due serie di concerti?
Tutto è nato da un brano, “Le vie dei colori”, contenuto nel disco “Io sono qui”, canzone manifesto per dire che oltre che dal punto di vista dei contenuti, dei brani proposti nei due tour, c'è anche sul piano strutturale e musicale una divisione. Il Giallo, sotto l'aspetto rappresentativo, è stato lo spettacolo più rudimentale, con un repertorio più “massiccio” (dove massiccio vuol tradurre il termine Rock, visto che in italiano non ne esiste uno equivalente), la struttura palcoscenico veniva abolita, lo spettacolo viaggiava come i saltimbanchi nel passato che si esibivano per strada e nelle piazze e la base dell'incontro era il non avere spettacolo vero e proprio, ma lasciare che le canzoni si esprimessero attraverso la loro essenza musicale e la dinamicità dell'esecuzione. Il Tour Rosso aveva invece come presupposto il tipo di rappresentazione che attraverso canzoni di musica leggera, poteva avere più affinità con il mondo del teatro. Non essendo possibile, per questioni numeriche, tenere i concerti nei teatri, si è cercato di portare i contenuti teatrali nei palasport, con l'idea comunque di eliminare anche in questa occasione il palco laterale e di occupare la scena centrale, sia per consentire a tutti gli spettatori una visione migliore, sia perché lo spettacolo proposto aveva bisogno dal punto di vista scenografico di spazi ampi, in modo da dare allo spettatore la sensazione che si alternassero set cinematografici diversi nel corso delle tre ore di concerto. Questa sensazione veniva rafforzata dalla presenza sulla scena di sedici performer, persone provenienti dal mondo della danza che movimentavano le esecuzioni ballando, portando luci e trasportando anche le stesse pedane dei musicisti. In questo modo, esattamente al contrario di quanto avveniva nel tour Giallo, le canzoni non erano più solo da ascoltare ma anche da “guardare”.

Dal punto di vista squisitamente tecnico quali sono state le particolarità di questi concerti?
In tutti i palazzetti si è optato per la collocazione delle casse tutt'attorno alla pedana centrale: la parte medi e alti è stata posta in posizione sospesa sopra tale pedana, mentre quella relativa alle frequenze basse è stata collocata a terra. Sono stati adottati solo radiomicrofoni in quanto avendo a disposizione un palcoscenico di oltre 400 metri quadrati (l'area in cui solitamente le squadre di pallacanestro o di pallavolo si esibiscono), l'idea di prendere il suono dai monitor era impraticabile, a meno di avere a disposizione un numero incredibile degli stessi disseminati per tutto il palcoscenico, con inevitabili problemi di impaccio e visibilità. Tutti noi quindi, avevamo la trasmissione via radio anche degli strumenti, non solo degli ascolti, a parte un rinforzo che veniva dato ai musicisti vicino alle pedane dove erano situati. Scelta logica visto che in generale i musicisti hanno bisogno di sentire il suono che arriva da una fonte viva, anche perché gli ear monitor tagliano un po' le frequenze basse dando una sensazione un poco più asettica.

Quali strumenti hai utilizzato nei Tour?
Per quel che riguarda la strumentazione personale, ultimamente utilizzavo Real Piano, un pianoforte digitale di Generalmusic; considero tra l'altro un episodio molto coraggioso il fatto che un'azienda italiana produca un pezzo così ambizioso. Ho suonato spesso da solo un lungo brano che raccoglie i primissimi pezzi che ho fatto dal 1967 al 1976, utilizzando due chitarre: una Guild acustica e una Strato Eric Clapton elettrica; ho usato una tastiera Technics, anche se ora la usa più spesso Danilo Rea. Per quel che riguarda l'attrezzatura in generale, c'è un buon rapporto con il nuovo service di Willy Gubellini soprattutto per quanto riguarda la diffusione del suono. In particolare nel tour Giallo abbiamo ricevuto molti apprezzamenti per il modo in cui il suono arrivava diretto, senza cadute anche in situazioni particolari di pubblico tutto a terra e che quindi occupava uno spazio di fronte al palco di 100-120 metri; vedevo che anche gli spettatori più distanti dal palco battevano le mani a tempo e questo significa che il suono arrivava bene anche a loro. Gli assistenti al palco sono sempre più o meno gli stessi, anche perché le scelte fatte si sono dimostrate vincenti in termini di intesa e di affiatamento; io comunque sto ancora cercando un ascolto sul palco che sia migliore perché il più delle volte bisogna lavorare di fantasia, metterci una carica propria per avere la sensazione di quanto accade fuori; con gli ear monitor manca secondo me un po' di “pavimento” e si ha la sensazione di essere un poco sospesi in aria, soprattutto quando si eseguono brani di un certo tipo.

Per la registrazione dei pezzi scegliete il sistema digitale o analogico?
Quasi sempre si registra in digitale, anche se alcuni brani sono stati lasciati in registrazione analogica.

Ai tuoi musicisti concedi spazi di creatività personali o preferisci che seguano direttive precise?
Diciamo che dipende: durante alcuni concerti, come per esempio quelli del tour Rosso, esistono territori obbligati, all'interno dei quali lo spazio per le improvvisazioni è molto limitato, mentre nel tour Giallo esistono spazi più ampi: ci sono stati alcuni brani nei quali le code erano addirittura più lunghe della canzone stessa. In linea di massima, comunque, preferisco lasciare più spazio agli estri personali durante le prove, anche perché sono convinto che la maggior parte dei giochi si decida in quella sede, piuttosto che durante le esibizioni; è lì infatti che si decide magari di riprendere brani vecchi e reinterpretarli e cambiarli. Penso per esempio a una versione di “Poster” che sta a metà tra il rap e il gospel sul finale; credo infatti che ogni artista debba riuscire a demolire le proprie statue, le proprie “canzoni monumento” ed è in queste occasioni che ai musicisti che lo accompagnano viene data la possibilità di manifestare la propria creatività. Inoltre, io non amo i gruppi composti da
primedonne, ma preferisco che i musicisti siano affiatati tra di loro, agiscano in sinergia per la riuscita dello spettacolo nel suo insieme, che abbiano anche il desiderio di cenare insieme alla fine di una serata, per il piacere di stare insieme.

Come mai la scelta dei due batteristi?
Questa scelta nasce dall'esperienza di “Io sono qui”, dove quasi tutti i brani, oltre a contenere molti suoni acustici, evidenziano poliritmie, cioè quando su un ritmo portante va a inserirsene un altro, magari con tempi diversi. Non ho pensato, però, all'esistenza di un binomio batteria e percussioni, ma piuttosto a due persone che la pensano più o meno allo stesso modo dal punto di vista del suono e che si scambino i ruoli. Si tratta comunque di un esperimento coraggioso, perché non è facile trovare un batterista che accetti di suonare con un altro, proprio perché la batteria è, per sua natura, uno strumento protagonista.

Durante i concerti ho avuto modo di notare che i due batteristi non si guardano mai, procedendo comunque in perfetta sincronia, cosa ne pensi?
È effettivamente sorprendente, anche se tutti gli interventi sono stati accuratamente studiati e preparati, soprattutto per il tour Rosso. In linea di massima Gavin ha sempre rappresentato il ritmo portante, il percorso, mentre Elio diventa il percussionista che si inserisce, che fraseggia all'interno delle parti; si tratta inoltre di due batteristi molto diversi, anche per temperamento; Gavin è un esecutore molto preciso, melodico, mentre Elio è sicuramente più sanguigno ed irruento e forse proprio per questo motivo l'insieme che ne esce è così ben assortito e divertente.

Domanda di rito: quali progetti hai per il futuro?
Nel futuro più immediato c'è la realizzazione della terza parte di questa “Vie dei colori” con l'avvio del tour Blu, tour che più degli altri si avvicinerà al mondo dell'immagine, del cinema, della televisione e anche alla realtà virtuale. Vorremmo creare una collaborazione tra operatori con esperienze televisive, teatrali che nel loro insieme, dal punto di vista armonico possano concludere questo progetto dove le immagini siano commento alla musica: il contrario insomma di quello che normalmente accade, visto che di solito si creano musiche di commento all'immagine. L'idea è quella di fare una o poche date, ma durante questi appuntamenti permettere anche a chi è fisicamente lontano di partecipare al concerto, inserendo magari una parte a sorpresa di 10-15 minuti durante i quali tutto viene reinventato, interagendo con il pubblico, facendo in modo che una certa scaletta di canzoni possa essere movimentata dal gradimento, dal consiglio di una o più persone del pubblico. La conclusione, direi logica, di questa esperienza dal vivo è stata la preparazione del nuovo disco, “Attori e spettatori”, accompagnato da un supporto video, per consentire anche a chi non ha avuto modo di partecipare ai concerti, di vederli comunque.

A quando il CD-ROM?
Considero quella del CD-ROM una tappa ormai obbligata nel percorso di un artista che si voglia mantenere al passo con le nuove realtà tecnologiche, ma penso che ci si debba arrivare dopo aver sviluppato un progetto vero e proprio e non solo per poter dire “anch'io ho il CD-ROM”; mi piacerebbe, per esempio, riprendere dischi del mio repertorio anche lontano, inserirvi magari brani inediti e proporre il risultato di questa elaborazione sotto forma, appunto, di CD-ROM.

Il fatto che ti si veda poco in televisione è una tua scelta precisa?
È una scelta dovuta al fatto che, secondo me, la musica non trova in televisione molta ospitalità, nel senso che la musica che arriva in TV serve per annunciare che è uscito il nuovo disco; è raro assistere in televisione a una esibizione artistica, a meno che non sia la ripresa di un concerto, ma anche questo, per il pubblico televisivo funziona sempre meno, forse perché la sensazione che si vive a un concerto non è possibile trasmetterla attraverso la TV. Per il resto l'apparizione si riduce a essere sottoposti a mille domande da parte del presentatore che non ti da nemmeno il tempo di rispondere perché a sua volta ha tempi strettissimi: 5 minuti per la canzone che vuoi presentare e basta. Dietro, però, non c'è più niente di artistico e allora penso che per chi come noi lavora due anni a un disco, studiando i suoni, le parole, i particolari, la copertina, un'esperienza di questo tipo sia deludente e, quindi, sia meglio evitarla.

Per concludere, che consigli puoi dare a chi si avvicina a un lavoro come il tuo?
Penso che la creatività naturale prima o poi si manifesti perché è una esigenza di vita e si può esprimere in tantissimi modi: si può essere creativi negli incontri, nei rapporti umani o nella capacità di isolarsi e tirare fuori la più grande intuizione del mondo. Credo, comunque, che questa creatività nasca dalla mancanza di qualcosa: tutti coloro che sono riusciti ad affascinare gli altri con il risultato della propria creatività, ce l'hanno fatta perché hanno avvertito un vuoto in se stessi e hanno cercato di riempirlo, raccontandosi, manifestandosi. Chi vuol far diventare questa creatività un lavoro, un'attitudine, deve essere pronto ad attraversare una serie di momenti molto critici, anche perché ho la sensazione che la società di sempre, ma quella attuale in particolare, rifiuti la creatività in quanto minaccia a un ordine di cose consolidato. Il mondo della discografia è in crisi non tanto perché in Italia si vendano pochi dischi o meno dischi rispetto al passato, ma perché non c'è molta ricerca del “nuovo”. A parte qualche rara eccezione, sono anni che non si sente qualcosa di veramente originale; sono sempre i “vecchi”, me compreso, che si ripropongono. Questo, secondo me, è colpa sia dei talent-scout che dei mass-media in quanto entrambi, anche se forse per motivi diversi, preferiscono proporre “i soliti noti” anziché ricercare e promuovere nuovi talenti. Ecco perché chi si avventura in questo lavoro deve cercare un proprio percorso, un proprio pubblico, magari anche ridotto a poche persone, ma comunque “proprio”; fortunatamente si è ritornati a fare musica dal vivo nei locali e questo è estremamente positivo, anche perché è un modo per confrontarsi con gli altri. Un altro aspetto importante è la curiosità, la ricerca continua, perché più si è curiosi, e più si impara e in questo campo, come in tutti gli altri non si deve mai smettere di imparare.

Proseguiamo con gli altri protagonisti di cui ricordiamo è presente un contributo video sul CD-ROM allegato a questo numero.

Cominciamo con Paolo Costa, dicci qualcosa di te.
Sono il bassista del gruppo e suono dall'età di quindici anni. Ho cominciato con la chitarra classica e ho proseguito con il basso causa un errore di acquisto di mio padre. Suono con Claudio dal 1993 e ho partecipato alla registrazione del suo ultimo disco “Io sono qui”; in questi tour ho la possibilità di suonare con due batteristi, esperienza molto stimolante perché una batteria esegue il ritmo portante del brano mentre l'altra le variazioni ritmiche.

Qual è il set di strumenti che usi attualmente?
Per questa serie di concerti uso alternativamente dei bassi a cinque corde con e senza tasti, precisamente due Yamaha (con corde Sit), ormai fuori produzione con un amplificatore TubeWorks; come effetti uso principalmente un compressore e qualche pedale.

Per un bassista qual è il vantaggio di suonare con due batterie?
Il ritmo ti sostiene sempre qualunque cosa tu faccia, gli spazi vuoti sono praticamente inesistenti; per il resto è più difficile inserirsi per creare un perfetto incastro armonico anche se il risultato finale è pienamente soddisfacente.

Passiamo a Paolo Gianolio e Danilo Minotti le chitarre del gruppo.
Quale set di strumenti state usando in questo tour?
La catena che utilizzo parte da un pre valvolare Digitech, un amplificatore Megatech e una cassa Crate. Il pre contiene anche tutti gli effetti (delay, reverberi, compressori, ecc.) che applico di volta in volta al brano che sto eseguendo. Io, invece, uso due set diversi che potremmo chiamare elettrico e acustico. Per quanto riguarda l'elettrico, il segnale entra in un pre e in un ampli Hughes & Kettner e viene processato attraverso un Intellifex, un effetto Marshall e un compressore; per l'acustico invece all'uscita del pre segue un riverbero, un equalizzatore BBE e, infine un compressore.

Come vi dividete le varie parti musicali?
Le parti musicali sono state studiate e stabilite durante le prove in funzione dell'arrangiamento che cambia molto spesso; poi io e Danilo ci siamo trovati separatamente dagli altri e ci siamo divisi il “lavoro”. Teniamo sempre presente che gli arrangiamenti sono in funzione del cantante che evidentemente è il protagonista del palcoscenico. Ho suonato spesso in coppia con altri chitarristi; la gente pensa che ci sia competizione tra i due esecutori, ma nel nostro caso non è così; con Paolo raggiungo un buon equilibrio sia sul palco che fuori. Questo è molto importante per ottenere buoni risultati.

Come vi trovate a suonare con due batteristi?
Mentre Paolo aveva già vissuto questa esperienza che ha subito giudicato positiva, per me è stata un'esperienza completamente nuova. La cosa è molto interessante perché non è come suonare con un batterista e un percussionista in cui ognuno esegue la propria parte ritmica; a volte addirittura si dividono gli strumenti della batteria con il risultato di sembrare comunque un batterista solo che esegue il ritmo.

Il Tour Giallo proseguirà fino a fine settembre, periodo in cui alla sera l'umidità si fa sentire, grazie anche a questo scorcio di fine estate particolarmente piovoso. Come la mettete con l'accordatura delle chitarre?
Dobbiamo arrangiarci come tutti. Diciamo che dietro al palco anche se non si vedono sono presenti alcune persone che ci accordano la chitarra che non stiamo usando in quel momento. Anche se a volte durante l'esecuzione di un brano apportiamo qualche aggiustamento al volo. È vero; i ragazzi che ci supportano, anche se nessuno se ne accorge, fanno un gran lavoro, sia a livello di accordatura che di manutenzione e pulizia degli strumenti. Quando salgo sul palco, o anche durante il concerto, trovo le mie Steinberger sempre come nuove.

Eccoci con Danilo Rea, uno dei due tastieristi. Quali sono i tuoi ferri del mestiere?
Suono con due tastiere, di cui una prevalentemente come pianoforte, mentre l'altra per timbri quali fiati, pad, string e generalmente per le parti soliste. Io e Walter Savelli, che è l'altro tastierista, ci dividiamo equamente le parti musicali all'interno dei brani senza particolare prevalenza di uno o dell'altro.

Da quanto tempo suoni con Claudio?
Non è molto tempo, ho suonato un brano nel disco “Oltre”, poi più nulla fino al disco “Io sono qui” in cui ho suonato prevalentemente il pianoforte. Ultimamente ho partecipato al Tour Rosso e ora a questo Giallo. Generalmente però faccio pochissime tournée, perché di solito suono musica jazz e collaboro in studio con vari artisti, tra cui Pino Daniele, Morandi e in particolare con Mina per cui ho suonato nei dischi usciti negli ultimi dieci anni.

Come ti trovi con l'ascolto in cuffia durante il concerto?
Non molto bene; non sono pienamente d'accordo con questa scelta. Penso che in una situazione on the road come questa, la vibrazione che ti dà un buon monitor non possa essere sostituita con delle cuffie che ricreano un'atmosfera molto pulita come quelle da studio, quindi un po' irreale su di un palco con migliaia di persone davanti.

Abbiamo “catturato” i due batteristi, Gavin Harrison e Elio Rivagli. A loro chiediamo quali sono le ragioni di questa scelta e quali le difficoltà di integrazione.
Beh, è una cosa divertente. Generalmente io eseguo il ritmo principale mentre Elio usa sia le percussioni che la batteria per riempire certi spazi che io lascio vuoti. Ci sono poi canzoni di Claudio che si prestano particolarmente all'esecuzione di due batteristi. La difficoltà principale sta trovare il giusto equilibrio ed eseguire ovviamente parti ritmiche diverse integrandosi anche con tutti gli altri strumenti. Poter suonare contemporaneamente con un altro batterista è sempre stato un mio desiderio che qui ho realizzato. È molto bello poter scambiare esperienze con un altro professionista, specialmente se questo è poi Gavin Harrison, un artista umile e disponibile con una tecnica incredibile. Ero quindi molto curioso di vedere, anzi di ascoltarne il risultato che mi sembra soddisfacente.

Abbiamo notato che tu e Gavin non vi guardate mai ma mantenete comunque un perfetto sincronismo.
Beh, non vorrei ripetermi, ma suonare con Gavin è molto facile perché è estremamente preciso, in qualunque momento sai che lui c'è. Il fatto di non guardarci mai è il frutto dell'affiatamento e dell'armonia che abbiamo raggiunto; ciò significa che il gruppo è in perfetta simbiosi. Questo mi dà la possibilità di suonare anche le percussioni, strumenti che amo molto e che mi consentono di esplorare un mondo nuovo con tecniche di esecuzione diverse che poi posso applicare al modo di suonare anche la batteria.

Da quanto tempo sei inserito in questo gruppo?
Suono con Claudio dal 1993, dalla preproduzione del disco “Io sono qui”, poi ho partecipato a tutte le attività svolte fino a oggi comprese la prima parte del Tour Giallo, svoltasi alla fine del 1995 e tutto il Tour Rosso. Spero di continuare a seguirlo ovviamente.

Ultimo del gruppo in ordine di apparizione Walter Savelli, anche se sarebbe più corretto dire il primo visto che suoni con Claudio da più tempo di tutti i tuoi colleghi.
È vero, siamo a mezz'ora dal concerto dell'ennesima tournée che faccio con Claudio e mi accorgo che sono diciotto anni che suono con lui e lo seguo in ogni sua attività. Qualcuno mi chiede se non mi sono ancora stancato di suonare da tanti anni gli stessi pezzi, ma io rispondo di no, perché ogni volta si studiano nuovi arrangiamenti, con nuove sonorità, per cui mi sembra di suonare sempre qualcosa di diverso.

Quali strumenti utilizzi sul palco?
Suono un pianoforte Technics e una tastiera Yamaha SY99 con suoni che ho programmato appositamente per questa occasione. Come dicevo, ogni volta i brani vengono rivisitati cambiando spesso arrangiamenti e sonorità. Sul palco ho una cuffia che consente di avere più pulizia del suono, anche se forse in questa situazione così rock un monitor sarebbe stato di aiuto. Penso però che la possibilità di potere sentire molto bene ciò che si sta suonando e di fare un giusto balance sulla base di quello che suonano gli altri è un grande vantaggio. D'altro canto questa soluzione è già stata utilizzata con successo per il Tour Rosso che è durato quattro mesi, per cui continuo a trovarmi molto bene. L'unico limite è la lunghezza del cavo; io sono uno che sul palco si muove molto, e partecipo con Claudio a quella che è la coreografia dello spettacolo, per cui a volte quando mi muovo dalla mia postazione rischio di venire strangolato... ma per il resto nessun problema.

Come vi siete divisi le varie parti musicali tu e Danilo?
Abbiamo suddiviso le parti in modo molto logico; quelle più jazzistiche e con arrangiamenti particolari sono state assegnate a lui che è sicuramente tra i migliori pianisti italiani del momento. Generalmente io eseguo l'accompagnamento con il pianoforte, anche perché conosco Claudio da tanti anni e ne conosco meglio più di chiunque altro le caratteristiche, ma soprattutto le esigenze. Per il resto ci alterniamo anche alle tastiere, il tutto in modo sempre equilibrato senza sovrapposizioni che potrebbero appesantire la melodia generale.

Quali le differenze tra il Tour Rosso e questo Giallo, ovviamente dal punto di vista dell'esecuzione?
In pratica sono cambiati solo gli arrangiamenti a livello armonico di alcuni brani. Claudio è uno a cui piace cambiare anche a pochi mesi di distanza. Quindi una nuova ricerca armonica parallelamente a quella ritmica sono le caratteristiche fondamentali variate; e io sono d'accordo con questa impostazione che rende sempre vivo e interessante un brano che viene eseguito moltissime volte nell'arco di un tour impegnativo come questo.

(Abbiamo scovato Luca Giannerini tecnico di palco) Raccontaci cosa fai nascosto dentro questo camion?
Sono responsabile degli ascolti dei musicisti; per il palco utilizziamo un banco 40 canali su 18 mandate. La situazione degli ascolti e tutta via cuffie: per Claudio due ear monitor Sony pilotati via radio. Il tutto è controllato da una serie di multieffetti Behringer, mentre sul palco sono posizionati solo tre moni-tor (subwoofer) che servono per le due batterie, di cui due frontali come side che usiamo per dare un po' di avvolgimento con la parte bassa enfatizzata per fornire un po' di vibrazione, specialmente per Claudio il cui ascolto in cuffia manca decisamente di frequenze basse. Adoperiamo 56 canali di split divisi tra regia e palco; io utilizzo anche un mixer supplementare a 16 canali su cui faccio un premix delle batterie. Per Claudio usiamo due microfoni, uno radio e uno a cavo, entrambi Shure Beta 58; quest'ultimo è quello che lavora di più anche perché in questa situazione di spettacolo i movimenti sono relativi.

Problemi con le interferenze radio?
Generalmente no, anche perché prima dell'inizio del concerto attiviamo uno scanner per verificare che le frequenze utilizzate dai radio microfoni non siano disturbate da altre apparecchiature. Spero che gli ear monitor si affermino come sistema di monitoraggio del futuro, perché non creano problemi di larsen e in più danno la possibilità di muoversi e di avere in qualunque punto del palco lo stesso tipo di ascolto, cosa che i monitor tradizionali non possono invece garantire.

Come comunichi con i musicisti per eventuali variazioni dei livelli di ascolto in cuffia?
Ho un canale diretto con cui comunico con Paolo Gianolio che mi dà in tempo reale le direttive generali sui livelli di ascolto, poi il personale di supporto, essendo molto vicino ai musicisti, mi fornisce altre indicazioni. In cuffia poi ho il medesimo tipo di ascolto di Claudio per cui per quanto lo riguarda eseguo continue variazioni. Tra noi due poi abbiamo elaborato una specie di linguaggio gestuale con cui mi comunica quale strumento devo alzare o abbassare o richiede maggiore riverbero e così via.

Facciamo un salto in regia da Alberto Butturini ingegnere del suono del Tour Giallo a vedere come vanno le cose.
Qui le cose vanno molto bene, abbiamo un banco Midas XL3 a 48 canali di cui 32 mono e 8 canali stereo dedicati fondamentalmente alle tastiere, alle batterie e alle percussioni. Sugli altri canali arrivano invece segnali mono provenienti da tutti gli altri strumenti: le chitarre, il basso, alcune parti di batteria e percussioni, le voci più le mandate e i ritorni effetto.

Ci parli della parte effettistica?
Sulla voce di Claudio due microfoni, uno a cavo e uno radio per i vari spostamenti, entrambi con capsula Shure 58 Beta per avere una situazione il più possibile omogenea. La voce viene trattata in ingresso con un compressore per regolarizzare la risposta dinamica, filtrata da un riverbero Lexicon PCM70 e in certe situazioni sostenuta anche da un delay e un eco per dare maggior profondità al cantato. Più o meno lo stesso tipo di trattamento viene riservato agli altri strumenti, il che vuol dire che i rullanti delle batterie sono leggermente compressi per permettere anche in questo caso un maggiore controllo della dinamica; per lo stesso motivo sono compresse anche le due chitarre elettriche e le tastiere. Stiamo comunque parlando di compressioni leggerissime con un rapporto di 2:1 per lasciare comunque libertà di espressione dinamica al musicista. Sulla batteria, ma anche in questo caso con un settaggio leggero, applichiamo dei noise gate; per esempio nel caso dei tom della batteria, questi suonano solo quando viene raggiunta e superata la soglia di livello impostato, questo per minimizzare il rientro dei microfoni ed eliminare il rumore d'ambiente. Le batterie vengono trattate anche con dei riverberi, evidentemente in modo molto diverso dalle voci; sulle tastiere un Eventide H3000 e uno Yamaha SPX900 per gli effetti di chorus sulle chitarre acustiche. La parte effettistica è stata volutamente tenuta “leggera” per dare maggiore impatto alla filosofia elettrica di questo Tour, quindi musicalità, sonorità senza fronzoli, presenza e poche ricercatezze ma solidità e potenza.

Tutto in diretta quindi, niente basi o altre parti musicali preregistrate.
Direi di si, tranne qualche rinforzo di percussioni come campanelli, cembalini più altra effettistica varia, il tutto pilotato da due Fostex RD8 collegati a un mixer Yamaha ProMix 01R. Tutta l'effettistica, gli RD8 e il mixer sono controllati da un Apple Macintosh SE30 e da Performer, un programma di sequencing, che invia tutti i cambi di programma alle varie apparecchiature alleggerendo notevolmente il lavoro in regia.

Eccoci con Orlando Ghini responsabile audio al quale chiediamo di descriverci brevemente l'impianto di amplificazione utilizzato per questo Tour su quattro ruote.
L'audio viene garantito da un cluster centrale sospeso tramite una gru e composto da 24 sistemi TurboSound e da due cluster a terra (la parte di frequenze basse), situati sui camion e composti da 48 sistemi anch'essi TurboSound. I finali sono BSS 1760 e 1780 in classe A in grado di erogare a ogni cassa una potenza di 400W su 4 Ohm e di 800W su 2 Ohm; il tutto per una potenza totale di circa 70.000W.

Quali i problemi che si riscontrano nell'amplificare questi spazi aperti?
Il problema principale è quello della messa in fase dei vari cluster. Specialmente per quanto riguarda la parte medio-alta e in particolare tra il cluster centrale sospeso e quelli laterali. Per fare questo prima dell'inizio del concerto facciamo delle misurazioni con speciali processori che ci consentono di “aggiustare il tiro” e sistemare tutto a dovere.

È quasi sera, il buio avanza, mancano circa due ore all'inizio del concerto ed è quindi venuto il momento di parlare dell'impianto luci con Pepi Morgia.
Sono il light designer di questo Tour come lo sono stato anche nel precedente Tour Rosso. Abbiamo utilizzato un set luci piuttosto scarno data la natura rockettara dello spettacolo. L'allestimento quindi è stato fatto esclusivamente con luci analogiche senza particolari problemi di posizionamento o configurazioni più ricercate; infatti, in pochissimo tempo riusciamo a montare tutto l'impianto. L'unico problema potrebbe essere rappresentato dalla pioggia, perché non abbiamo nessun punto luce coperto, ma per ora questo non si verificato. La potenza di luce sviluppata si aggira intorno ai 150.000W, che per uno spettacolo all'aperto è di tutto rispetto.

Si ringrazia in modo particolare Guido Tognetti direttore artistico di “Cosa” Edizioni Musicali.
PM
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A più di un anno dalla pubblicazione di “Io sono qui” Claudio Baglioni torna al pubblico con un nuovo album doppi dal vivo dal titolo “Attori e Spettatori”. L'album contiene 26 brani e non vuole essere solo la fotografia fedele dei tour Giallo e Rosso conclusisi. Nell'album doppio sono incluse canzoni che coprono un arco temporale di 25 anni, che ci consegnano un'antologia “viva” e aggiornata del suo repertorio. All'uscita dell'album farà seguito nei primi giorni di dicembre la pubblicazione dell'home video del Tour Rosso (due videocassette per tre ore e venti di spettacolo).


segnalato da Enrico

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