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Rassegna stampa - mercoledì 25 settembre 1985 ultimo aggiornamento: 18 dicembre 2001

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Pubblicato su Oggi - 25/09/1985


Autoritratto di Claudio Baglioni, la cui tournée estiva ha avuto più di un milione di spettatori

Sembro un tipo perbene, ma l'apparenza inganna

di Stefano Jesurum

Asti, settembre
La tournée finirà ufficialmente il 20 sera, a Roma, con un megaconcerto ripreso dalle telecamere di Rai Uno. E allora Claudio Baglioni potrà brindare alla vittoria. E' stato lui, quest'estate, il re della canzone, "il profeta dei giovani", "il poeta della musica leggera", "il musicista dei buoni sentimenti", "il principe azzurro degli anni Ottanta".
In tre mesi il suo giro d'Italia non ha registrato fiaschi: alla fine saranno più di un milione quelli che avranno pagato per vederlo suonare. Inchiodato al primo posto della classifica, l'ultimo ellepì, La vita é adesso ha venduto oltre seicentocinquantamila copie. Il suo pubblico, insomma, è enorme. Scene deliranti, svenimenti, ragazzine come impazzite, lacrime, urla. Giovanissimi, soprattutto, ma pure nutriti drappelli di mamme e papà.
Lui e le sue canzoni piacciono. Anche se non a tutti, è ovvio. Un articolo di Linus (mensile per giovanissimi di altro genere, credo) lo accusa di perbenismo religioso, stigmatizza il liturgico consesso in cui si celebra la banalità dei sentimenti. "Ho letto quell'articolo", sorride, "davvero molto divertente, ma non sono per nulla d'accordo". E Claudio comincia a rispondermi così, senza un via, quasi discorresse, a ruota libera. Dimostra forse meno dei suoi trentaquattro anni. Assomiglia alle canzoni che canta, bellino, a postino, vestito come i suoi fans, calzoni grigi più lucidi di quanto dettino i canoni dell'eleganza tradizionale, scarpe di camoscio leggere un po' a punta, camicetta larga. E largo è anche il suo sorriso che spesso diventa risolino sincero, divertito, ironico e autoironico.

La prima domanda è banalissima, la più banale di tutte: "Qual è la chiave del tuo successo?".
La risposta è degna della domanda: "Credo che il segreto sia proprio nel non avere una chiave. Fare i dischi e la tournée senza un disegno preciso. La verità è che io sono abbastanza fortunato perché questo lavoro ogni tanto mi mette a disagio. Allora ho bisogno di andarmene. Così me ne vado via e mi metto a rimpapocchiare un po' tutto quello che ho fatto prima. Ho bisogno di spegnere il motore, per farlo riposare, forse per rigenerarlo. E poi c'è la fatica di riaccenderlo, che è una fortissima spinta...". Si ferma, si ascolta, gli vien da ridere. Ride.
Allora, questa chiave...
"Ma sì, dev'essere la grossa attenzione che ci metto quando faccio il mio mestiere, questo mestiere di cantante".
E artisticamente?
"Non amo i filoni, le cose in serie. Vado qua e là, vado avanti e ogni tanto torno indietro".
Claudio Baglioni, figlio di una Roma piccoloborghese, padre carabiniere, tu diplomato geometra. Che cosa faresti se non cantassi? O che cosa ti sarebbe piaciuto fare?
"Sì, geometra, con tutte le angosce che il diventare geometra mi aveva provocato a quei tempi. Invece che un diploma mi sembrava una menomazione. Tant'è che mi iscrissi immediatamente ad architettura, la consideravo una patente più nobile, più in, più ricercata. Penso che avrei fatto, dunque, l'architetto".
Parliamo di te e del tuo pubblico. Ragazzini, soprattutto ragazzine, e mamme, e papà. Mancano i tuoi coetanei, i trenta-quarantenni. Perché?
"Non lo so, è difficile fare un'analisi anagrafica di chi viene ai concerti. Credo sia la stessa cosa per gli altri, per tutta la musica popolare e leggera. Credo che il pubblico di cui parli non esista".
Non direi. A qualche show sono stato anch'io: Lucio Dalla, Giorgio Gaber, Fabrizio De Andrè, i Rolling Stones...
"Non sono d'accordo. Sono idee tue, ognuno può pensarla come vuole. E poi, guarda, credo che quelli da me vengano, ci siano, io li ho visti".
Claudio, tu e le tue canzoni, e il tuo pubblico. Così perbene, pieno di buoni sentimenti, qualcuno dice da Comunione e Liberazione...
"Ne sono abbastanza fiero. Vorrei però smitizzare questa cosa di crociata perché non mi ci vedo, non mi ci sento. In certi momenti sono anche "permale". Eppoi, ascoltami, a me pare che siano così tutti. Tutti cantano la speranza in una vita migliore, con più onestà, più correttezza. O no?".
Chi sono stati i tuoi idoli giovanili?
"C'è un minestrone alle mie spalle. Quando avevo la fonovaligia chiunque andava bene. Nessuno mi ha segnato, nessuno mi è piaciuto di più".
A proposito di questo pubblico un po' ciellino, come mai andrai a cantare al festival del Partito comunista e non sei andato da Comunione e Liberazione?
"E' uno spettacolo come un altro, una tappa. Non ci sono scelte di tipo ideologico, soltanto problemi di carattere organizzativo. A differenza di alcuni colleghi non ho mai amato gli schieramenti, anzi. Una decina di anni fa i miei dischi non passavano alla radio perché ero accusato di essere comunista, poi hanno detto che stavo da tutt'altra parte; mio malgrado ho appartenuto a vari schieramenti politici".
In una tua canzone, "Uomini persi", hai parole di pena e di speranza per chi spara, per chi si droga, per chi mette le bombe. Non credi si tratti, comunque, di un pubblico che ai tuoi concerti non viene?
"Io penso che esiste una disperazione più forte di quella evidente e lampante. Insieme agli uomini persi ci siamo persi anche noi che in quel momento guardavamo da un'altra parte. Credimi, esiste una disperazione molto più normale, meno appariscente, che però può far soffrire di più".
A proposito di buoni sentimenti, l'Italia canora, e tu per primo, non era presente al concertone di Wembley e Filadelfia a favore di chi muore dl fame in Africa...
"Nessuno me l'ha mai chiesto, tutto qui, nessuno mi ha mai chiamato".
E non è stato un peccato?
"L'abbiamo detto tutti mentre vedevamo il grande show. Poi ci ho ripensato, la manifestazione era inglese e americana, gli altri sembravano proprio contorno: dai, sali sul trenino per fare un giretto e poi scendi subito. Non mi è piaciuto troppo".
Ora ci sarà quello di Trento, Italy for Italy, che non mi pare un gran bel titolo, ci sarai?
"Stiamo vedendo. Tecnicamente è molto difficile. Quella sera devo fare le prove generali con la Rai per il concerto di Roma. Se ci si potrà collegare, ben volentieri. Anche qui, però, devo dire un paio di cose. Udite! Udite! Il cantante dei buoni sentimenti si sorprende di una manifestazione che programma i buoni sentimenti. Dunque, il titolo, hai ragione tu, è di cattivo gusto, allucinante, suona un po' come un facciamoci gli affari nostri. Eppoi questo sport mondiale alla ricerca dei bisognosi di ogni tipo non mi piace... Bisognerebbe evitare prima che le dighe crollassero...".
Parliamo dl tua moglie Paola e di tuo figlio Giovanni, non appaiono mai, sei geloso della tua privacy?
"Si dice, ma non è vero. Forse è stato scritto in quei profili fatti tanti anni fa e che nessuno ha mai pensato di correggere. Non sono così orso. Rispetto la mia famiglia, tutto qui. Già mi spiace che inevitabilmente Giovanni sarà il figlio di Claudio Baglioni... Cerco di non coinvolgerli".
Paola, però...
"Paola mi dà una grossa mano. E un'assistente continua, di lei mi fido molto. Ha parecchio talento musicale. Spesso quando mi perdo in alluvioni di parole e di idee è lei che riesce a farmi stringere. E lei che mi fa essere presente ad appuntamenti importanti che con ogni probabilità io salterei, sbagliando".
Già, Baglioni e i suoi silenzi. Le tue parentesi buie, l'ultima durata addirittura quattro anni. Che fai?
"Continuo a vivere in questo ambiente dove c'è chi mi vuol bene anche quando sono un po' in ombra. Faccio ciò che fa la gente. Lunghe vacanze che io chiamo vacanze di lavoro. Mi capita di leggere, di recuperare gli amici".
Che libro hai sul comodino?
"Nessuno, magari un giornale".
E prima della tournée?
"Nessuno".
Sei cresciuto, hai guadagnato un sacco di soldi. Sei cambiato? (Mi accorgo, ma è troppo tardi, che pure questa domanda è di una banalità somma).
"Spero di essere cambiato, non vorrei essere una mummia pietrificata. Spero di essere cambiato in meglio e spero che questi mutamenti non mi abbiano snaturato".
Ci scappa da ridere a tutti e due. Sembriamo Catalano di Quelli della notte. Ma il gioco ci piace.
E allora ancora: i soldi, il successo?
"Per anni il successo c'è stato ma i guadagni no. Ora è diverso, ho invertito tendenza. Io sono uno che i soldi non ce li aveva, non li ho mai avuti e tuttora non riesco a collocarli bene. Anche se so benissimo che è meglio averne che non averne".
Ultimamente si parla spesso dell'uso di stupefacenti, soprattutto cocaina, in taluni ambienti. Non è detto che si debba usare così, come non è detto che chi la usa sia un delinquente. Tu che cosa ne pensi?
"Credo che questo problema, chiamiamolo così, nasca dalla noia di un lavoro ripetitivo. Tempo fa c era chi la usava perché credeva in quel modo di essere più fico degli altri... E' una cosa che non mi sconvolge. E un problema umano, una questione molto personale".
Sei religioso?
"Queste son domandine molto complesse. Ritengo di cercare una forma di religiosità anche se non ho ancora capito bene quale sia. Se sono credente, non lo so: forse sì, ma non sempre".
Quando scrivi una canzone hai davanti agli occhi le facce delle ragazzine che delirano per te o ti guardi solamente allo specchio?
"Mah, col passare del tempo, diventa sempre più una sfida con me stesso. Direi che mi guardo allo specchio, per usare le tue parole".
Hai paura che il pubblico se ne vada?
"Non ci penso molto".
Chiedi se la sera prima la Nannini o Vasco Rossi hanno fatto più o meno pubblico di te?
"Sì, molto spesso".
Chi è il tuo nemico numero uno?
"Non ce n'è uno in particolare".
Quando, il 20 settembre, finirai là tournée a Roma...
"Un attimo, sarà la fine, ma solo ufficiale perché poi tornerò a Torino. Ho un debito da saldare, un qualcosa che mi è rimasto sul gozzo tutta l'estate".
Che cosa?
"Il fatto di avere cantato e suonato in forma non certo ottima davanti a un pubblico che invece era fantastico. Voglio farmi perdonare".
Okay, abbiamo capito, finalmente, il suo segreto: è un ragazzo terribilmente normale.


segnalato da Paola

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